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giovedì 30 giugno 2016

La buttiamo sempre in vacca (le Banche, Matteo, la Germania)

Fino a un paio di giorni fa, ero indeciso se Matteo ci fosse o ci facesse. Sì, lo so, il quesito è ozioso: dai frutti si riconosce l'albero, e il movente psicologico è alla fine ininfluente.
Però, sotto sotto, un po' di curiosità rimaneva.
Bene, ora me la sono tolta. C'è, assolutamente.
Il fondo Atlant(id)e, come si sa, è servito soltanto a tamponare gli aumenti di capitale (rimasti quasi del tutto inoptati) della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. In mancanza, infatti, le azioni sarebbero state sottoscritte dai due istituti garanti (Unicredit e Intesa tramite Banca IMI) che, a loro volta, avrebbero dovuto lanciare sanguinose ricapitalizzazioni.
Non risolve il problema delle sofferenze bancarie che - anche questa non è una novità - non soltanto sono oggettivamente troppe, ma anzi: (i) sono ormai valutate (grazie alle mosse intelligentissime del nostro governo e della BCE) molto al di sotto del loro valore di carico (i valori di borsa di Mps scontano proprio queste perdite... diciamo così... potenziali); (ii) richiedono (grazie alle letterine dementi della sullodata Banca Centrale Europea) tassi di copertura elevatissimi (cosa che fa ritenere più che probabile un aumento di capitale per UBI).
Ecco allora l'ideona di Matteo (o, per meglio dire, di qualche suo collaboratore che sa di diritto). Devesi infatti sapere che, ai sensi dell'art. 107 del TFUE (Trattato di Lisbona), "possono considerarsi compatibili con il mercato interno: ... b) gli aiuti destinati... a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro". E se non è un grave turbamento degli Stati membri dell'UE la Brexit, che cosa dovrebbe succedere per attivare la clausola?
In quest'ottica ancora andava, per esempio, anche l'intelligente post di Paolo Cardenà di ieri. Secondo Dagospia, di solito ben informata, un via libera informale in questa direzione sarebbe stato dato al decerebrato che ci comanda addirittura dalla Merkel.
Poi però, è successo l'impensabile.
Anche in questo caso, le ricostruzioni sono le più varie. Il fatto però è uno solo: l'idea ufficiosa di ricapitalizzazione pubblica delle banche finisce pari pari sui giornali di tutto il mondo.
(Oltre a leggere l'articolo ascoltate quello che dice la giornalista. Sono cose risapute, ma sentirsele dire così francamente fa impressione).
Tranquilli, non serve l'oculista. Si parla davvero di 40 miliardi di Euro (poi non è chiaro se avrebbero dovuto essere usati tutti per ricapitalizzare gli istituti - a proposito, leggo oggi di un possibile aumento di capitale da 10 miliardi per Unicredit - oppure una parte avrebbe potuto essere utilizzata soltanto come garanzia per l'acquisto di tranche junior di cartolarizzazione di NPL).
L'indiscrezione (che secondo l'articolo pubblicato su Dagospia sarebbe stata fatta filtrare da Padoan, incerto come al solito dell'effettiva capacità di Renzi di comprendere qualsiasi essere senziente parlante una qualsivoglia lingua straniera) ha prodotto due effetti.
La prima: gli operatori finanziari (cioè quelli che di solito alla televisione chiamano, impersonalmente, i mercati) si sono persuasi che il sistema bancario italiano abbia bisogno di una importantissima iniezione di capitali freschi. Se lo dice un governo,che di solito minimizza, sarà sicuramente vero.
La seconda: la Cancelliera tedesca, che sia vero o meno l'accordo informale strappato da Renzi, ha dovuto fare una frettolosa marcia indietro, sia per non indispettire l'ala più dura del proprio partito, sia per evitare che la Brexit si trasformasse in una specie di "liberi tutti" tale da rimettere in discussione il sistema giuridico dell'Unione.
(Come dite? La Brexit ha già rimesso in discussione l'Unione nelle sue stesse fondamenta? Sì,ma lei ancora non lo sa).
Eccola qui...
Siccome il Cazzone non soltanto chiacchiera troppo, ma è anche un po' vigliacchetto, presa la musata si è subito allineato, come quando dai una bottarella sul muso al cane, e quello lì che scodinzola lo stesso, e sta a cuccia.
Ci hanno creduto tutti.
Banca Monte dei Paschi di Siena, perdita da inizio anno pari al 77,8%.
Intesa Sanpaolo, perdita da inizio anno pari al 44,8%.
Unicredit Group, perdita da inizio anno pari al 61,1% (auguri a Mustier).
UBI, perdita da inizio anno pari al 60,2%.
La situazione, tuttavia, è gravissima, e rischia di portare il panico non solo in Italia, ma anche nel resto d'Europa. Dunque, indipendentemente dalle schermaglie politiche, i tecnici del ministero dell'economia rilanciano.
Ovviamente, la mosca tira il calcio che può.
Ecco allora che l'iniezione diretta di denaro nelle banche da parte del Tesoro diviene una extrema ratio rispetto alla ricapitalizzazione di Atlante, o alla creazione di un Atlante 2.


Tuttavia, chi ci possa mettere i soldi, resta un mistero.
E, come giustamente osserva anche Cardenà, se Atlant(id)e non funziona e lo Stato non risana direttamente gli istituti, a porre fine alle sofferenze (in tutti i sensi) del nostro sistema creditizio non può che essere il MES, che è il nome simpatico della Troika (o, nella versione sognata da Schäuble, della Troika meno il Fondo Monetario).

Fosse finita qui, la vedrei veramente ma veramente brutta (perché tutto quello che precede mostra come il settore finanziario italiano sia veramente alla canna del gas). Però, oltre a questo, c'è anche qualcos'altro. Di difficile interpretazione, per ora.
Ecco un interessante articolo del Wall Street Journal: "secondo quanto affermato da un portavoce della Commissione europea, domenica la citata Commissione ha autorizzato l'Italia a usare garanzie governative per creare un programma precauzionale di sostegno alla liquidità delle proprie banche. Il portavoce ha aggiungo che il programma è stato approvato nel quadro delle norme sugli Aiuti di Stato in caso di crisi straordinarie. Il programma di supporto alla liquidità ha un'ampiezza di 150 miliardi di Euro..., ha termine alla fine dell'anno e può essere utilizzato soltanto da banche solventi...
Non vi è alcuna aspettativa che sorga la necessità di utilizzare questo schema, ha anche detto il portavoce. La decisione... sembra essere una prima indicazione del fatto che i governi hanno deciso di muoversi per puntellare le loro banche sulla scia delle turbolenze dei mercati dopo il referendum sulla Brexit... Il voto della Gran Bretagna... ha scatenato un forte sell-off sui titoli bancari, seguito da un'intensa volatilità durante tutta la settimana. Questo ha esacerbato i problemi già esistenti nel settore bancario italiano. Le banche italiane hanno perso più della metà del loro capitalizzazione di mercato da inizio anno, sulla scorta della preoccupazione degli investitori rispetto alla enorme loro esposizione ai crediti inesigibili... Alcune banche italiane hanno visto le loro azioni scendono di circa il 75%. Una fonte vicina al governo italiano ha detto che il gabinetto del primo ministro Matteo Renzi spera che questo schema di sostegno alla liquidità funzioni da back-stop per contenere il panico degli investitori... L'altra gamba di un piano di intervento considerato dal governo è un apporto diretto di capitale... che potrebbe raggiungere 40 miliardi di Euro..., onde aiutare istituti di credito italiani che quotidianamente lottano contro 360 miliardi di Euro di crediti inesigibili [e per forza: la deflazione imposta dalla UE ha distrutto il tessuto produttivo italiano, le aziende saltano e non restituiscono i finanziamenti], una cronica scarsa redditività a causa di tassi di interesse ai minimi storici [chissà come mai?, che c'entrino qualcosa le politiche della BCE?], riserve di capitale molto sottili e costi elevati".
Che vuol dire?
Secondo alcuni, ottimisti di natura, si tratta addirittura di una garanzia statale da utilizzare in caso di aumenti di capitale, ma la maggior parte degli osservatori ci legge soltanto una linea di liquidità da fornire alle banche italiane solvibili (presumibilmente mediante collateralizzazione presso la BCE di obbligazioni garantite dal Tesoro) in caso di corsa al ritiro dei depositi da parte dei correntisti (c.d. bank-run).
Tanto rumore per (quasi) nulla?
C'è chi, giustamente, dice di aspettare di leggere le carte "vere". Ed ha ragione.
Però io qualcosa mi sento di dirla.

1) In sé, poiché non pare trattarsi di risorse volte alla ricapitalizzazione degli istituti, né di un'ulteriore forma di garanzia per l'alienazione di sofferenze, direi che si tratta semplicemente di un numero roboante, ma con scarso impatto pratico al momento sulla situazione del sistema del credito in Italia. Ove, invece, l'avesse, vorrebbe dire che le banche "sane" hanno problemi significativi di liquidità; che, in altri termini, si è diffuso il panico. Era meglio se, dopo aver aspettato quasi una settimana, l'annuncio della misura non lo davano per niente: così ha già fatto pensare a più di un analista che la situazione sia talmente grave da far ritenere che, entro pochi mesi, le banche italiane non riescano più a fare funding.

2) L'articolo del WSJ è piuttosto confuso nel suo ultimo paragrafo. Vuole infatti significare che, nelle intenzioni del governo italiano, questa garanzia si dovrebbe accompagnare ad un intervento diretto nel capitale delle banche per 40 miliardi di Euro, oppure che il nostro governo ha effettivamente proposto anche questa misura alla Commissione? E se quest'ultima interpretazione fosse corretta, qual è la posizione della Commissione stessa? Questo sì che sarebbe un intervento davvero importante, che potrebbe ridurre di molto i problemi di questi mesi (per risolverli, basterebbe abrogare la Direttiva BRRD, ma lasciamo perdere); tuttavia, il nein tedesco sulla questione, probabilmente per tutti i motivi detti sopra, non fa sperare granché.

3) Ove lo Stato non entrasse direttamente nel capitale delle banche, queste ultime - ancorché garantite dal punto di vista della liquidità dai sullodati 150 miliardi di Euro - in caso di mancato rispetto degli stress test della BCE quali strumenti potrebbero utilizzare? Considerando improponibili aumenti di capitale a raffica, ritenendo Atlante sostanzialmente inutile, bisognerebbe davvero rivolgersi al MES? Se ne è già parlato nelle sedi competenti?

La Troika, insomma, si avvicina o si allontana?
A questo punto, per come la vedo io, se arriverà oppure no dipenderà soprattutto da quale linea risulterà vincente tra le élites tedesche. Se quella moderata (sposata dalla Merkel?) oppure quella più intransigente (di Schäuble, presumo, ma anche, almeno a parole, di Juncker).
Io credo - per una volta sono ottimista - che almeno in prima battuta prevarrà la prima.
C'è o non c'è da salvare Deutsche Bank?
'Sti tedeschi...

martedì 28 giugno 2016

Odiare la democrazia (e gli ultimi singulti di Atlante)

Faccio una premessa importante. Sono convinto che la Brexit segnerà un punto di svolta nella storia dell'Unione Europea: tra qualche anno - non so quanti: cinque, dieci - sui libri di storia leggeremo del voto di giovedì scorso come del primo episodio di riappropriazione, da parte di un popolo, del proprio destino. Ne seguiranno altri... temo che noi saremo fra gli ultimi.
Ovviamente, come capita ad ogni dissoluzione di un impero, gli ultimi singulti di vita saranno quelli più pericolosi. Le élites, messe al muro, divengono più cattive e più pericolose, come i serpenti velenosi. In questi giorni ne abbiamo avuto una (prima) prova abbastanza clamorosa: sui giornali, alla televisione, sui social media, è stato tutto un florilegio di apologie del voto censitario (quando è andata bene) o, addirittura, dei sistemi dittatoriali (quando è andata meno bene).
Non riporto tutte le idiozie pubblicate da parte dei Soloni nostrani: rimando all'ottimo post di Barbara Tampieri, che trovate qui. Ne mostro solo un paio, perché sono - a mio avviso - particolarmente significativi. Il primo è la "provocazione" (ipse dixit) di Nathania Zevi, giornalista di RAI 3 e compagna di David Parenzo:
La signora, probabilmente, quando provoca si astrae dalla storia europea degli ultimi cento anni (oppure dalla propria intelligenza).
D'altronde, vi erano ebrei anche fra i Sansepolcristi.
L'altro è invece, a quel che mi consta, il primo esempio di copertura pseudo-scientifica a questo delirio antidemocratico.
Nel mio piccolo, allora, vorrei portare anch'io un po' d'acqua al mulino di queste teste di cazzo che amano tanto - a parole - le masse, ma poi schifano - nei fatti - i popoli. Teste di cazzo che, per inciso, riecheggiano parole antiche e venerande, ma le fraintendono senza neppure conoscerle.

Platone (Repubblica, 562.b): "...la tirannide nasce dalla democrazia allo stesso modo in cui questa nasce dall'oligarchia... Il bene che i cittadini si proponevano... e per il quale avevano istituito l'oligarchia era la ricchezza eccessiva..., ma l'insaziabile brama di ricchezza e la noncuranza d'ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno portata alla rovina... Quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici... e ricopre d'insulti... coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti...".
Pseudo Senofonte (La Costituzione degli Ateniesi, 6): "si potrebbe sostenere che non avrebbero dovuto consentire a tutti di parlare e di decidere liberamente, ma solo agli uomini più capaci e più dotati... Se infatti esprimessero il proprio parere e assumessero decisioni persone di qualità, sarebbe un vantaggio per le persone uguali a loro...".
Polibio (Storie, VI 4,6-10): "Si deve dunque ritenere che esistano sei forme di governo, cioè le tre che tutti ammettono..., e tre simili a queste, cioè la tirannide, l’oligarchia, l’oclocrazia. In modo spontaneo e naturale sorge prima di ogni altra forma la monarchia, dalla quale deriva poi, in seguito a opportune correzioni e cambiamenti, il regno. Quando questo incorre nei difetti connaturati a sé e diventa tirannide, viene abolito e al suo posto subentra l’aristocrazia. Quando, in base a un processo naturale, essa degenera in oligarchia e il popolo, indignato, punisce l’ingiustizia di chi comanda, sorge la democrazia. Quando questa a sua  volta diventa colpevole di illegalità e violenze, con il trascorrere del tempo si forma l’oclocrazia".
Aristofane (Cavalieri, Prologo): "Noi due s'ha per padrone uno zotico strano, un mangia-fave irascibile: Popolo pniciano, vecchiettino bisbetico e sordastro. Questi, lo scorso mese, comperò un servo, il conciapelli Paflagone, furbo e calunniatore quanti altri mai. Costui, capite le debolezze del vecchio..., si fece sotto al padrone, e cominciò a lisciarlo, adularlo, raggirarlo con limbelli di cuoio putrefatto. E gli diceva: «Discussa appena una sola causa, oh Popolo, fa' il bagno, sgrana, succhia, rodi, intasca i tre oboli. Vuoi che t'ammannisca la cena?» Ed arraffato ciò che aveva apparecchiato qualcuno di noi, se ne faceva bello col padrone, il Paflagone! Non solo: quando ebbi impastata in una pila quella pizza spartana, questo fior di birba mi mise in mezzo, me la prese, e offrì lui quello che impastato avevo io! E noi ci scaccia, e non lascia che altri serva il padrone; e mentre questi pranza, gli sta vicino, e scaccia... gli oratori con una sferza di cuoio; e gli recita degli oracoli: il vecchio ne va in estasi! Quando poi te lo vede incitrullito, fa il suo mestiere; e a furia di menzogne calunnia quei di casa; e poi la frusta tocca a noialtri!...".
(Nessuno di questi sarebbe a favore della tesi per cui i giovani debbano avere maggior peso politico rispetto agli anziani, a dire il vero, ma non stiamo tanto a sottilizzare...).

Bene, giganteschi imbecilli: vi rendete conto di ragionare come aristocratici vissuti due o trecento anni prima di Cristo? Quelli, poi, erano mostri del pensiero, che tanto hanno seminato nel bene e nel male, hanno avuto allievi e oppositori, e da tutti è nata qualche pianta feconda. Voi invece siete nani del peto mentale, che ripetete stancamente riflessi vecchi di due millenni, senza aggiungere nulla, tutti presi da un'egolatria che vorrebbe umiliare i popoli, e invece umilia solo se stessa. Fate pace col cervello, prima di parlare. E tanto basti.

Detto questo, in realtà volevo parlare di tutt'altro. Infatti, visto che la sovranità limitata va così tanto di moda, mi sembrerebbe giusto applicarla in primo luogo a chi utilizza la libertà di opinione per disinformare - a ragion ve(n)duta - gli altri. Sì, perché permettere di esprimere un'idea è democrazia, farsi scudo di questo principio per negare i fatti è, come minimo, cialtronaggine.
Tutto questo c'è chi lo dice da tempo, e come al solito i fatti lo dimostrano ottimo profeta.
Prendiamo - una categoria a caso - i giornalisti. Due a caso (colpendo nel mucchio): un giornalaccio di carta e un sito orrendo.



Rivoli di sangue, "peggio dell'11 settembre". Crolli. Rovine.
Sicuri?
Sicuri sicuri?
Vediamo.
La sterlina, sicuramente, avrà svalutato ai minimi storici.



Ma... ma... ma... certo c'è stato un calo, ma il cambio con l'Euro è tutto sommato entro un range di normalità (i dati sono a 5 anni), mentre la significativa perdita rispetto al Dollaro si spiega piuttosto nel quadro dell'apprezzamento della valuta statunitense, che nonostante tutto appare ancora, a molti, come un bene rifugio in momenti di incertezza.
Infatti, anche il cambio fra Euro e Dollaro mostra dinamiche simili, ancorché meno violente (anche perché la Sterlina viene da una storia di rivalutazione, mentre l'Euro ha perso, rispetto a un annetto fa, circa il 40% del suo valore rispetto al bigliettone verde).



Dice: si, però vorrei vedere l'impennata dei Titoli di Stato inglesi... Che, in effetti, c'è stata, però nel senso esattamente opposto a quello inteso dal nostro amico piddino (ognuno di noi ne ha uno, tipo l'Angelo Custode, ma molto meno discreto).



Eh sì, è vero... ma hai visto come è salito il CDS del Regno Unito? (Il piddino ha appreso ieri l'esistenza del CDS, ma sono già amici).


C'è una fase di violenta turbolenza sui mercati, il futuro è molto incerto, mi sembrerebbe strano che il CDS di un Paese direttamente coinvolto in questo bailamme non salisse. Però, anche qui, forse bisognerebbe dire qualche cosa in più. Per esempio, fare un confronto fra il valore assoluto del CDS britannico (attorno a 80) con altri Stati. Vogliamo prendere l'Italia, tanto per fare un esempio?


Come si vede, siamo oltre 180, cioè più del doppio rispetto a quello inglese. Vogliamo continuare a discutere di rischiosità?

Sì, perché la Brexit ha fatto male soprattutto al mercato azionario, o per essere più precisi al mercato azionario riguardante il settore finanziario, o per andare ancora più a fondo ha sostanzialmente travolto le banche italiane, grandi o piccole che fossero.

I grafici che seguono mostrano lo storno del listino inglese (che riporta a valori di metà 2015), lo storno di quello italiano (precipitato ai minimi da fine 2012), la caduta libera delle banche nel nostro Paese.




Però, a guardare bene, la Brexit è solo una piccola parte di una perdita di valore che, da inizio 2016, sembra inarrestabile. Se non fosse che i giornaloni, i media tutti, gli "opinionisti", i politologi, per non parlare degli economisti, non ne hanno fatto alcun cenno, mi verrebbe da pensare che questa terribile debolezza, questa mancanza di anticorpi che trasforma un banale raffreddore in una broncopolmonite, sia dovuta al combinato disposto di due eventi verificatisi proprio a cavallo del nuovo anno: l'entrata in vigore delle norme sul bail-in, anticipate dall'esecrando decreto legge sulle "quattro banche", la valutazione - molto al di sotto dei valori di bilancio - dell'enorme stock di sofferenze detenuto dagli istituti italiani, desumibile sia dal succitato decreto legge, sia dalle letterine schizofreniche inviate dalla BCE in occasioni di recenti aggregazioni di popolari.
Il problema vero, dunque, non è uscire dall'UE (e la Gran Bretagna lo dimostrerà, facendo mangiare un'ala di fegato alle élites di Bruxelles, escluso Juncker che il fegato non lo ha più da tempo). Il problema vero è restare nell'Unione Monetaria, che non solo porta all'azzeramento dei tassi, alla deflazione e, in ultima analisi, a una perenne crisi di domanda, cioè - per le banche - a scarsa redditività e all'esplosione delle sofferenze, ma crea anche un ambiente legale che, invece di attutire questi problemi, agisce da moltiplicatore, fino alla catastrofe.
Il nostro governo di cialtroni, vista la malaparata, cerca di correre ai ripari. Come al solito, però, ha poche idee, però quelle poche sono particolarmente confuse. Soprattutto quando devono confrontarsi coi padroni di Bruxelles, e allora diventano subito cagnolini scodinzolanti.
Siamo partiti così, proponendo aiuti pubblici per 40 miliardi in aumenti di capitale o garanzie.
Poi, siccome si è capito che si trattava di mossa non solo un tantino rischiosa (la Troika è sempre dietro l'angolo; e infatti oggi Linkiesta riciccia l'idea di utilizzate l'ESM come back-stop in caso di crisi sistemiche del settore bancario), ma anche leggermente invisa a un corpo elettorale che non arriva alla fine del mese "perché per il welfare mancano i soldi" ma in compenso nota che, in certe circostanze, i soldi si trovano sempre, si è ripiegato su strumenti più consolidati (nel senso che è fatto consolidato che NON funzionano).


Insomma, invece di 40 miliardi al massimo saranno 4. E con 4 miliardi, parliamoci chiaro, al massimo si mette una toppa al buco più grande, cioè a Mps. Se non che, come si sa, nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo ad un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo rompe gli otri, il vino si spande, e gli otri vanno perduti.
Forse memore del dettato evangelico, il nostro premier si è dunque definitivamente ringambato.
Ovviamente Renzi dice il falso. Le nostre banche hanno bisogno d'aiuto. Le regole europee, però, vietano qualsiasi intervento razionale. Ci avviamo dunque verso il baratro, cioè verso la Troika. Dopo, almeno, anche quella parvenza ridicola di democrazia che è rimasta dal 2011 in avanti in Italia sarà spazzata via, ed a molti si apriranno gli occhi. Troppo tardi.

Si ritorna al punto di partenza.
La democrazia.
E anch'io voglio dire la mia, semplicemente citando le parole dei classici, senza scimmiottarle o fraintenderle.

"Abbiamo una costituzione che non emula le leggi dei vicini, in quanto noi siamo più d’esempio ad altri che imitatori. E poiché essa è retta in modo che i diritti civili spettino non a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi, per quanto riguarda gli interessi privati, a tutti spetta un piano di parità, mentre per quanto riguarda la considerazione pubblica nell'amministrazione dello stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale ma più che per quello che vale. E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dall'oscurità del suo rango sociale.
Liberamente noi viviamo nei rapporti con la comunità, e in tutto quanto riguarda il sospetto che sorge dai rapporti reciproci nelle abitudini giornaliere, senza adirarci col vicino se fa qualcosa secondo il suo piacere e senza infliggerci a vicenda molestie che, sì, non sono dannose, ma pure sono spiacevoli ai nostri occhi.
Senza danneggiarci esercitiamo reciprocamente i rapporti privati e nella vita pubblica la reverenza soprattutto ci impedisce di violare le leggi, in obbedienza a coloro che sono nei posti di comando, e alle istituzioni, in particolare a quelle poste a tutela di chi subisce ingiustizia o che, pur essendo non scritte, portano a chi le infrange una vergogna da tutti riconosciuta...
Riuniamo in noi la cura degli affari pubblici insieme a quella degli affari privati, e se anche ci dedichiamo ad altre attività, pure non manca in noi la conoscenza degli interessi pubblici. Siamo i soli, infatti, a considerare non già ozioso, ma inutile chi non se ne interessa, e noi Ateniesi o giudichiamo o, almeno, ponderiamo convenientemente le varie questioni, senza pensare che il discutere sia un danno per l’agire, ma che lo sia piuttosto il non essere informati dalle discussioni prima di entrare in azione. E di certo noi possediamo anche questa qualità in modo differente dagli altri, cioè noi siamo i medesimi e nell'osare e nel ponderare al massimo grado quello che ci accingiamo a fare, mentre negli altri l’ignoranza produce audacia e il calcolo incertezza. È giusto giudicare superiori per forza d’animo coloro che distinguono chiaramente le miserie e i piaceri, ma non per questo si lasciano spaventare dai pericoli.E anche per quanto riguarda la nobiltà d’animo, noi ci comportiamo in modo opposto a quello della maggioranza: ci procuriamo gli amici non già col ricevere i benefici ma col farli. Chi ha fatto il favore è un amico più sicuro, in quanto è disposto con una continua benevolenza verso chi lo riceve a tener vivo in lui il sentimento di gratitudine, mentre chi è debitore è meno pronto, sapendo che restituisce una nobile azione non per fare un piacere ma per pagare un debito. E siamo i soli a beneficare qualcuno senza timore, non tanto per aver calcolato l’utilità del beneficio ma per la fiducia che abbiamo negli uomini liberi...".

È Tucidide.
È Pericle.

martedì 21 giugno 2016

Fenomenologia del Movimento 5 stelle

Io non sono un politologo. Il che dovrebbe interdirmi di scrivere di politica.
Tuttavia.
Poiché politici e politologi sono questi, faccio come mi pare.

Il vecchio stanco più intelligente degli altri pare essere B., per la scelta di puntare tutto su Marchini scaricando Bertolesso. Vabbè, dice, sarà uno che capisce di più degli altri partiti. Infatti.

Avanti.
In poche parole, gli elettori di centro-destra, nel caso di ballottaggio tra PD e M5s, votano per il M5s, mentre i grillini, se non sono direttamente parte in causa (come a Milano), se ne vanno beatamente al mare (o dove credono, o dove a mio parere sarebbe opportuno andassero).
D'altronde, mi sembra chiaro che Salvini potrebbe essere l'elemento aggregante (ma non direi il leader, per - diciamo - una certa scarsa propensione meridionale a votare Lega) di una formazione di destra, ma non certo di un raggruppamento di centro-destra che, parliamoci chiaro, unito perde, checché ne dica Brunetta.
(Il tweet, tra l'altro, entra forse tra quelli più apprezzati della storia.


Si veda, in questo senso, l'acuta analisi di Alessandro Catto. Chiusa parentesi).
Traslando queste semplici considerazioni sulle elezioni nazionali, in caso di operatività dell'Italicum attuale (ma presumo che Matteo, se non è completamente scemo, ci rimetta le mani), si può concludere con una certa serenità che presto Gigino Di Maio sarà il nuovo Presidente del Consiglio, via elezioni o, più probabilmente, con qualche mossettina di Palazzo, giusto per evitare che l'odio verso Renzi travolga gli interessi che lui, in questo momento, rappresenta. Gigino, d'altronde, non aspetta altro.


Non mi sembra secondario, allora, cercare di capire cosa attendersi dal M5s. Di cui si dice di tutto. E anche il contrario di tutto.
D'altra parte, fare l'esegesi del M5s è un po' come fare l'esegesi della Bibbia.

SULL'EURO.
C'era una volta il referendum, con successiva giravolta a centottanta gradi (o, se preferite, a novanta)



Direte: ma Di Maio è uno, e uno vale uno. Mica è Beppe Grillo, che non è uno e dunque vale molti.
Vero, se non fosse che l'idea stessa di referendum sull'Euro è indice della volontà di rimanere nella Moneta Unica, ma senza dirlo chiaramente. Si tratta, in sostanza, di un'operazione di gatekeeping, in cui il poliziotto buono vellica le giuste aspirazioni degli elettori, mentre quello cattivo rassicura il grande capitale finanziario, e ci mangia insieme.
Per informazioni sulla questione, citofonare Alberto Bagnai (leggete qui, e per favore una volta nella vostra vita cliccate sui link attivi).


Certo, Marco Zanni sta facendo un lavoro egregio al Parlamento UE, ma che cosa ci faccia ancora nel M5s resta per me un mistero.
Dunque il M5s (i grillini probabilmente no, ma è irrilevante) è sicuramente a favore della permanenza dell'Italia nell'Unione Europea e guarda anche di buon occhio il mantenimento dell'Euro, cioè di una moneta che, impedendo agli Stati della periferia di svalutare la moneta, impone ai medesimi di svalutare sempre di più il lavoro.
Poi ci lamentiamo della deflazione.
Infatti...

SUL JOBS ACT.
Beppe è contrarissimo!
Ma un po' tutto il Movimento appare critico.


E infatti, giustamente, siccome la pensano così, prima alzano un polverone pauroso con la sfiducia alla Boschi (alla Camera, mi raccomando, tante volte succedesse qualcosa per davvero!), quindi - mentre infuria la polemica - piazzano un bell'accordo per eleggere alla Corte Costituzionale Barbera (indagato, grande sostenitore della deforma pensata dalla medesima Ministra sfiducianda, per dire la consequenzialità delle azioni), Modugno e soprattutto il mitico Giulio Prosperetti, uno che scrive cose di questo genere (e di cui ho detto meglio qui):
Nel prossimo futuro è ipotizzabile un assetto totalmente diverso rispetto alla tradizionale ripartizione in assistenza, previdenza e retribuzione sinallagmatica... In questo contesto è prevedibile che si arrivi a modelli di sicurezza sociale dove la retribuzione erogata dalle imprese non sia sufficiente al tenore di vita dei Paesi sviluppati, sicché, ove si vogliano mantenere determinare produzioni in Europa, si dovrà necessariamente ricorrere ad integrazioni del reddito dei lavoratori impiegati in aziende esposte alla concorrenza... 
Qui c'è già tutto il Jobs Act: insicurezza, precarizzazione, deflazione salariale al di sotto della sussistenza (in violazione dell'art. 36, Cost., ma Prosperetti, evidentemente, non è un giurista). Però al M5s, perché c'è il "reddito di cittadinanza". E non può non esserci, essendo il naturale corollario del Jobs Act (come lo è stato delle Riforme Hartz: v. p.e. questo articolo imbecille e autorazzista).
Sì, perché un sistema che permette alle aziende di utilizzare lavoratori sotto-pagandoli deve anche trovare il modo di assicurare a quelle aziende che i sullodati lavoratori ricevano, da qualche altra fonte, il minimo indispensabile per vivere e comprare ciò che (per un tozzo di pane) producono.
Senza avere troppo, certo, solo quel che basta per non morire di fame e sentirsi abbastanza garantiti da acquistare qualsiasi cosa a rate, in modo da finanziarizzare l'economia in ogni suo ambito, almeno anche le banche sono contente e fanno utile (avrete visto anche voi le pubblicità di credito al consumo dal dentista, o dal medico. Dal medico! Su questo leggete la TL di Andrea Lignini).
Sed de hoc satis.
Del reddito di cittadinanza, cioè della gleba, o di sudditanza, hanno già scritto acutamente il prof. Bagnai (da cui traggo la figurina qui accanto, su cui si potrebbe scrivere non un post, ma un libro intero) e Il Pedante, oltre che - si parva licet - pure io (che qualche attenzione ho prestato anche al suo corifeo più importante).

SULLE IDEE ECONOMICHE DI RIFERIMENTO
Poliziotto buono e poliziotto cattivo.
Il comico populista e il delfino che si rivolge ai poteri forti.
Ancora e ancora.
E funziona. Sempre.
Beppe propone il referendum sull'acqua pubblica, Beppe sostiene il referendum sulle trivelle. La Raggi parla di "beni comuni", non vuole far entrare i privati in Atac.


Gigino invece è di un'altra pasta.
Lui è per lo Stato minimo.

Tranquillo Gigi, di che pasta siete lo hanno già capito tutti. Lo ha per esempio capito Serra, che si appresta a mollare Matteo al suo destino.
(La proposizione condizionale è, ovviamente, meramente retorica).
Lo hanno capito anche tutti coloro che ancora guardano la realtà per quella che è, e non per quella che vorrebbero che fosse.

L'AMORALE DELLA FAV(OL)A.
Questi andranno al governo e ci faranno più male, molto più male del PD. Perché hanno lo stesso programma del PD, ma lo stigma degli onesti, dei disinteressati, di coloro che - in sostanza - ci faranno molto male, ma lo faranno per noi.
Tipo Fra Savonarola.
Nulla del programma iper-liberista della Troika ci sarà risparmiato, ma senza arricchimenti personali. L'Italia si impoverirà ancora, ma diminuirà la corruzione. Staremo peggio, ma una nuova aura di castità pervaderà le nostre città.


Amen.

giovedì 16 giugno 2016

Ancora Atlant(id)e. Ma non dovevamo vederci più?

E dunque Atlante sottoscrive 900 milioncini in nuove azioni di Veneto Banca (su un aumento complessivo di un miliardo), che si aggiungono al miliardo e mezzo buttato nella Popolare di Vicenza. Metà abbondante della dotazione del fondo se ne è andata, non si è risolto nulla, però quanto meno Unicredit non ha dovuto lanciare un sanguinoso aumento di capitale e Intesa ha salvato il proprio ricco dividendo.
Dopo sei mesi di convulsioni, il risultato è veramente confortante. Le quattro banche "salvate" a dicembre non si vendono neanche gratis, mentre i risparmiatori - truffati prima agli sportelli, poi dal governo - è grassa se rivedono una parte del loro investimento. Le venete sono puntellate fino al prossimo bilancio, poi - temo (ma non solo io, visti i risultati degli aumenti) - si dovranno prendere decisioni un po' più drastiche.
Un po' come nel gioco dell'oca, siamo di nuovo al punto di partenza. Il macigno delle sofferenze è sempre lì, intatto. O non era proprio l'acquisto di NPL il fine principale di Atlante? Purtroppissimo, con 2 miliardi scarsi - anche a immaginare una leva di otto o dieci volte, con l'aiuto di GACS - si sta sempre sotto i 20 miliardi di sofferenze lorde, il 10% del totale.
Ecco perché, con smagliante applicazione del "mito dell'insufficienza" già si sproloquia di un "Atlante 2". Secondo il Corrierone, infatti, Matteo starebbe facendo un serrato pressing su 15 casse di previdenza (di medici, notai, giornalisti, avvocati, ragionieri e commercialisti, ingegneri e architetti) perché investano nel sullodato carrozzone, il quale poi - dopo aver speso male i primi soldi ricevuti - spenderebbe peggio i successivi, comprando appunto i crediti deteriorati. Quanto non si è capito. C'è chi dice un miliardo, chi dice quattro. Forchetta da exit poll.
Quello che è sicuro, è che la trattativa la porta avanti Tommaso Nannicini, il che ci fa sentire in una botte di ferro (un po' come Attilio Regolo). Nannicini, per chi non lo conosce bene, è quello dei bins gialli e azzurri: non a caso è detto Mr. Bins. Per di più, è anche sottosegretario all'economia.
Nonostante cotale personaggio, pare che le casse abbiano opposto qualche piccola resistenza.
In particolare, tre sarebbero i punti controversi: (i) le casse sono, in buona sostanza, soggetti pubblici, i quali dunque, per varie ragioni, non dovrebbero partecipare a un fondo privato (sì, vabbè...) come è o dovrebbe essere Atlante; (ii) le casse di previdenza, come i fondi pensione, dovrebbero avere un approccio agli investimenti per definizione particolarmente cauto, e comprare vagonate di crediti marci dalle banche italiane proprio tanto cauto non appare; (iii) ma soprattutto, soprattutto, le casse - laddove intervenissero - vorrebbero loro dare un valore agli NPL, e non prendere per buone "a scatola chiusa", le valutazioni di Atlante. Col che, l'intervento del fondo diverrebbe inutile.

A questi problemi, non secondari, si aggiunge un punto ulteriore, a mio avviso piuttosto dirimente: ma voi, voi vorreste che vi gestisce i soldi con cui dovreste, un giorno, andare in pensione, decidesse di buttarli nel cesso per comprare crediti marci di questa o quella banca, magari pure a prezzo maggiorato, oppure - se lo facessero - vi incazzereste leggermente?

Il famoso contribuente da salvaguardare, uscito dalla porta, rientra così dalla finestra sotto-forma di futuro pensionato gabbato. Nel mezzo, però, ci sono state le norme sul bail-in, che hanno distrutto il sistema finanziario italiano.
Ottimo lavoro.

martedì 14 giugno 2016

La patente (l'Uomo Nero ai tempi dell'Euro)

È incredibile come il dibattito politico, veicolato dai politici stessi o sviluppato mediante i mezzi di comunicazione di massa, sia tutto finalizzato a una regressione del pensiero del corpo elettorale verso modelli addirittura prescolari.
Ciò avviene secondo varie direttrici.
La prima si attua mediante la "comunicazione simbolica", cioè una sovrastruttura narrativa "liberamente ispirata da eventi e persone reali che nella notizia si trasfigurano spogliandosi della loro realtà", che tutto trasforma e trascende in un "teatro allegorico dove si misurano i grandi valori e le grandi emozioni: il Bene, il Male, la Giustizia, il Sacrificio, il Riscatto, il Dolore, la Vergogna, l'Orgoglio, la Solidarietà". Di questo si è occupato Il Pedante in un post fondamentale, a cui evidentemente rimando.
La seconda si collega invece alla dimensione del sogno, della favola edificante, talvolta addirittura della parabola. Il Sogno per antonomasia è, ovviamente, quello di Ventotene, cioè quello di una Europa unita, pacifica, solidale, capace di superare gli egoismi nazionali che avevano portato alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. In realtà, per sapere cosa in realtà contenga il famoso Manifesto, o si legge goofynomics (ad esempio, qui), oppure si cerca on-line il testo originale. Le sorprese sono molte (e qui si torna alla "comunicazione simbolica" del Pedante, che dimostra come spesso una realtà è trasformata in un simbolo di senso opposto a quello originario).
La dimensione del sogno è la principale generatrice dell'aberrazione del questismo, il cui esponente di punta in Europa è Varoufakis (in Italia, Ferrero, non quello della Nutella). Se questo schifo che è l'Unione Europea deriva da una Idea così bella, evidentemente il problema non sta - non può stare - nell'Idea, ma nella sua applicazione pratica. Siamo contro questa Europa. Ma un'altra Europa è possibile. Ovviamente, tramite il potentissimo mezzo dello sbattipugnismo (su un fantomatico europeo che, in realtà, non è mai esistito, né mai esisterà).
La fusione perfetta del fatto minuto che assurge a simbolo e dell'apologo moralistico che si fa insegnamento produce il filone della "casta, cricca & corruzione".
Che spiega tutto. Non c'è crescita? È perché la corruzione "brucia" (?) miliardi ("dotto', se so magnati tutto!", per dirla col Prologo di un libro strepitoso e fondamentale). Per esempio...
Le riforme richieste da quei filantropi di FMI e BCE non ottengono i risultati sperati? È colpa della cricca! (Soprattutto in Grecia). La Banca Centrale vuole ritirare le banconote da 500 Euro? È per combattere la corruzione (in Italia) e il terrorismo (nel resto del mondo)! E così via.
Il nuovo obiettivo cui è applicata la favola - insieme all'altra, affine, della sobrietà - è, come si può immaginare, il referendum costituzionale di ottobre. Abbiamo visto (qui e qui) come, in realtà, si tratti di mera propaganda, che - tuttavia - ha una sua platea.
Riporto alcuni commenti estrapolati da un blog molto seguito a Siena. Avrei voluto rispondere, ma - e so che si tratta di un errore, di più: di un limite - sono rimasto totalmente senza parole.


Ma tutto questo è già stato detto, e molto meglio di come lo so scrivere io.

Volevo però aggiungere qualche parola su quella che mi sembra una nuova frontiera della regressione, che potremmo definire come "pedagogia della paura".
L'élite europea si comporta come un genitore d'antan (madre di parto, ma di voler matrigna) e prova a tenere a freno i vari popoli europei, figlioli più o meno scavezzacollo (Franti, va da sé, è impersonato dalla perfidissima nazione britannica): a volte, mettendo di fronte la paura ancestrale dell'Uomo Nero o dell'invasione delle cavallette; a volte, minacciando castighi, o punizioni esemplari in caso di tralignamento.
Le reazioni alla possibilità di Brexit sono un mix atroce di entrambe le situazioni. Per la sezione "castigo divino" (o "risveglio di Godzilla", a seconda delle credenze religiose):

Per la sezione "sabato sera ti chiudo in camera":
L'effettività di queste minacce è peraltro pesata in modo impeccabile qui.
In Italia il punto di riferimento di questo atteggiamento è rappresentato dal PD e dai suoi corifei. L'Euro è un'indecenza, ma uscirne sarebbe economicamente disastroso: si andrebbe dall'aumento di sette volte del costo della benzina fino al mitico bank run (che è già avvenuto, ma a dirlo fa effetto lo stesso). L'Unione Europea ha gravi mancanze in termini di democrazia, ma chissà cosa succederebbe all'Italia se se ne staccasse: la corruzione esploderebbe, signora mia, senza i virtuosi tedeschi a controllarci. La riforma costituzionale di Meb, oltre che di Verdini, è un'oscenità: senza però si andrebbe verso l'assoluta ingovernabilità, gli inciuci (?), l'irrilevanza internazionale (questo l'ha detto proprio Matteo).
E poi la carestia, la morte dei primogeniti, Meb che piange sangue, e così via. Dove c'è un piddino che scrive, lì ci sono minacce, presenti o future. A questo punto, tanto vale concedergli la patente tanto agognata dal Chiarchiaro, e non ci pensiamo più.



Quanto poi ai ricatti, non ve lo sto nemmeno a dire.

In questo modo rovesciato, il PD però non si limita a copiare un andazzo generale.
Ci mette del suo, prendendolo dal più vieto repertorio del comunismo sovietico: cioè la creazione, a tavolino, di un "nemico" cui addossare problemi che derivano, in realtà, da assetti legali, politici, socio-economici difesi dalla classe dominante.
(Il più vieto repertorio del comunismo sovietico... in realtà è un procedimento vecchio come il mondo: cosa sono untori e incettatori del Manzoni?).
Il sistema legale introdotto con l'Unione Bancaria (quello degli stress test, dei requisiti minimi di capitale, del rischio di credito sovrastimato e del rischio di mercato sottostimato), l'introduzione senza alcun periodo transitorio delle disposizioni sul bail-in, la valutazione ridicola dei crediti problematici delle quattro banche risolte a dicembre 2015 (che poi è divenuta standard di mercato nelle transazioni successive), l'incertezza determinata dalle diverse posizioni assunte dalla BCE nei confronti di banche diverse e, a volte, delle medesime banche, la mancanza di un sistema europeo di assicurazione dei depositi hanno provocato non soltanto ingenti perdite patrimoniali in incolpevoli risparmiatori, ma anche un panico diffuso determinato da una crisi di fiducia nel sistema finanziario nazionale e, infine, una pressione ribassista molto forte sui corsi di borsa dei principali istituti del Paese? Niente paura. L'UE non c'entra nulla. Il governo non c'entra nulla. La BCE e Banca d'Italia non c'entrano nulla.
È tutta colpa di Vegas. Sì, di Vegas, che non avrebbe messo - in mezzo a settanta pagine settanta di grafici e numeri - addirittura gli "scenari probabilistici". Che nessuno sa cosa siano, ma insomma fanno tanto finanza. Lui è il moderno Uomo Nero.
Queste posizioni al limite dell'irrazionalismo dimostrano come ormai le élite dominanti e, soprattutto, il loro partito di riferimento (il PD, partito deflazionista) non riescano più neppure a costruire una narrazione non voglio dire pro-positiva, ma almeno positiva.
Tutto è giustificato in negativo e il collante è la paura di un avvenire altro o, se va bene, il disprezzo del "nemico", accuratamente scelto caso per caso.
Non immaginarsi un futuro, se non migliore, almeno diverso: forse è proprio questo il principale indizio di declino del popolo italiano.

giovedì 9 giugno 2016

L'impiego pubblico, l'art. 18 e i capponi di Renzo

Non era passata inosservata, qualche tempo fa, la sentenza della Cassazione n. 24157 del 2015, che molti avevano più o meno maliziosamente interpretato nel senso della applicabilità della "Legge Fornero" anche ai dipendenti pubblici.
La sentenza conteneva però soltanto quatto righe, peraltro piuttosto generiche, che certo non meritavano tutto il dibattito nato loro intorno: "è innegabile che il nuovo testo dell'art. 18, L. n. 300 del 1970, come novellato dall'art. 1, L. n. 92 del 2012, trovi applicazione ratione temporis al licenziamento per cui è processo e ciò a prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione previste dalla legge c.d. Fornero di cui parla l'impugnata sentenza".
Certo, il periodo è piuttosto pedestre, ma il significato - letto nel contesto della sentenza - è invece molto chiaro. La Cassazione voleva semplicemente dire che, nel caso di specie, il licenziamento era nullo comunque e in ogni caso, sia che si applicasse il vecchio art. 18, sia che si applicasse la "Legge Fornero" (o,volendo esagerare, anche il Jobs Act), dal momento che era stato violato l'art. 55-bis, D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (cioè la disposizione che indica l'ufficio competente per l'irrogazione delle più gravi sanzioni disciplinari). La pronuncia, anzi, proprio perché riferita all'art. 55-bis, D. Lgs. n. 165 del 2001, riconosce - ribadisce! - che al lavoro nelle pubbliche amministrazione si applica un diritto speciale e diverso, rispetto a quello del lavoro privato. Non c'è una privatizzazione e tanto meno un'unificazione.
Insomma, tanto rumore per nulla.
Proprio per questo è altrettanto assurdo tutto il clamore sulla nuova pronuncia (sent. 11868 del 2016), che a chiare lettere ha ribadito l'ovvio.
Tuttavia, mi pare che certe polemiche un senso ce l'abbiano (i più attenti commentatori hanno infatti evidenziato che, in questo caso, la Cassazione "abbia dato ragione al governo"). E il senso è sempre il solito: sollecitare l'opinione pubblica, trattata al pari dei noti capponi di Renzo, a indignarsi per questa "discriminazione" a favore del dipendente pubblico (programmaticamente descritto, anche grazie a media compiacenti, come fancazzista e ipertutelato), in modo da dare al governo la "forza politica" di estendere anche agli statali la devastazione del diritto portata nel settore privato prima dalla Iena piagnens, poi da Matteo nostro.
Non è un caso se sia la Legge Fornero sia il Jobs Act escludono sempre l'applicazione delle nuove norme all'impiego pubblico, ma mai chiaramente, come in tralice, tramite rimandi percepibili soltanto dagli addetti ai lavori (impagabile il Jobs Act, che sostanzialmente limita alle aziende private la sua sfera di influenza facendo un fugace riferimento ai "Quadri", figura che non esiste nel pubblico).
Michele Miscione, noto professore di diritto del lavoro, proprio sull'argomento vaticinava, un po' di tempo fa: oportet ut scandala eveniant, affinché si definisca, una volta per tutte, la questione.
A vantaggio di chi, lascio immaginare.

martedì 7 giugno 2016

Meno spese no, meno rappresentanza sì (i risparmi di Matteo e Meb)

Nel precedente post ho succintamente tratteggiato i risultati deleteri, in termini di compressione della democrazia, che avrebbe il combinato disposto della conferma referendaria della nuova Costituzione Renzi-Boschi e dell'applicazione della attuale legge elettorale (il c.d. Italicum).
Ad adiuvandum, come si sarebbe detto una volta, rimando a questa intervista a Zagrebelsky. Quando Ezio Mauro sottolinea di essere preoccupato non certo dall'abolizione del Senato, ma dell'erosione del "welfare state, di quella che abbiamo chiamato l'economia sociale di mercato, della democrazia del lavoro", il Costituzionalista risponde: "anche per me questa è la vera posta in gioco. Guardi però che tutto nel nostro discorso si tiene, dal welfare al referendum. Sennò non si capirebbe, di fronte all'enormità dei problemi che abbiamo, tanto accanimento nei confronti del povero Senato. Il «sì» spianerebbe una strada; il «no» farebbe resistenza".
Poi, certo, subito dopo queste sagge parole si scivola nel più Europa e nello spirito di Ventotene, ma pretendere che Zagrebelsky si trasformi di colpo in Bagnai pare francamente chiedere troppo. A ogni giorno la sua pena.

Veniamo ora al secondo punto del famoso volantino dei deputati e senatori PD, da cui ha preso le mosse questa serie di considerazioni.
Lieve imprecisione numero due.


Il riferimento alla "sobrietà" è doppiamente odioso sia perché richiama un'esperienza di governo che più di ogni altra ha lasciato ferite aperte nel tessuto sociale italiano (e non per sbaglio, come ampiamente documentato), sia perché trasforma una questione eminentemente politica (quale è quella in ordine al perimetro della spesa pubblica, cioè - in altri termini - al ruolo dello stato in economia, la cui risposta, in termini di maggiore o minore coinvolgimento, comporta anche significativi effetti redistributivi della ricchezza nazionale) in una questione morale e, ipso facto, pre-politica.
La sobrietà, o - come la si definiva una volta - la temperanza, pare infatti essere una virtù. In particolare, è il tratto distintivo del buon padre di famiglia borghese, che non spende se non quello che ha guadagnato ed anzi qualcosa di meno, in caso di futuri tempi difficili.
La sobrietà, in altri termini, è la "traduzione in etica" del pareggio di bilancio (o, meglio, dell'avanzo primario), chiave di volta di quel mito della scarsità della moneta da cui promanano, come una specie di mefitica sorgente, i ruscelletti purulenti delle privatizzazioni (o del project financing), dei tagli allo stato sociale, e giù giù per li rami fino all'imposizione della patrimoniale per poveri.
Già questa adesione incondizionata al mantra dello Stato minimo basterebbe a dimostrare - soprattutto nel quadro della crisi quasi decennale che ci attanaglia - che PD non significa "Partito Democratico", bensì Partito Deflazionista (copyright: Alberto Bagnai). Tutto il PD, non solo il Renzi del Jobs Act: Bersani, per dire, intervistato dal Salmonato confindustriale, ricordò di essere, lui e i suoi sodali, quelli del rigore e "dell'Euro, quelli dei governi Prodi, Amato, D'Alema che fecero fede in condizioni difficili a tutti i patti internazionali, europei e occidentali, quelli di Ciampi e Padoa-Schioppa" (il nemico di qualsiasi tutela, per capirsi).
Chi auspica la sobrietà auspica la deflazione, chi auspica la deflazione è contro il lavoro e, essendo contro il lavoro, è anche contro la Carta Costituzionale che pone il lavoro a fondamento della Repubblica. Conseguentemente, appena può, la stravolge. Tout se tient, dice il saggio.
Oltre tutto, non sono neanche capaci.
Tagliano linearmente, per il solo piacere di tagliare (e lasciare nuovi spazi di intervento a pagamento a chi ne può approfittare).
Poi arriva la Corte Costituzionale, ahimé in grave ritardo, e li cazzia (la sentenza la trovate qui).


Non basta.
Il sullodato volantino, infatti, sembra dirci che, riducendo a 100 i senatori e rendendoli, per di più, part-time, lo Stato risparmierebbe un sacco di quattrini.
Secondo Lucio Malan, forzista che svolge il ruolo di questore in Senato, "risparmieremo più o meno 48 milioni di euro”, cioè meno del 9% rispetto ai 540 milioni di euro previsti nel budget 2016 della Camera alta (l'articolo completo, del Fatto Quotidiano, lo trovate qui). Infatti, i costi veri di un Organo costituzionale non derivano tanto dalle indennità di chi ne fa parte, quanto piuttosto dalle spese di struttura che - sia il Senato di 300 o di 100 persone - restano intatte (e ciò anche a prescindere dal fatto che il Senatore Malan è a mio avviso addirittura ottimista, perché parte dei risparmi per il Senato si tramuteranno in costi per le Regioni; ma - in fondo - sono questioni di lana caprina).
Se la riforma costituzionale avesse avuto davvero - come fine - quello di una riduzione dei costi, il Senato avrebbe dovuto essere abolito, non trasformato nel refugium peccatorum di consiglieri regionali in cerca di immunità, assai grati al Caro Leader che, permettendone l'elezione, probabilmente risolverà qualche problemino con questa o quella Procura della Repubblica. Al limite, se si fosse lasciato il Senato come stava e si fossero dimezzati i parlamentari, il risparmio sarebbe stato assai più cospicuo.
Quella del risparmio è una scusa, anche poco sostenibile. Non a caso, la tendenza alla semplificazione e allo slogan proprio della retorica propagandistica renziana (cioè, per i ganzi, dello story telling) è volta a far passare l'idea che il Senato sia stato abolito.
E non solo lo dicono, lo scrivono.

Purtroppissimo, il Senato continuerà ad esistere e - come abbiamo visto - potrà comunque pronunciarsi, più o meno efficacemente, un po' su tutti i disegni e progetti di legge. Proprio per questo, grazie al fantastico articolo 70 della nuova Costituzione, si creeranno continui, numerosissimi conflitti di competenza, che saranno risolti... dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, sulla base dei rispettivi regolamenti. E se non si mettono d'accordo? Boh. E se i regolamenti, effettivamente, confliggono? Boh. E se l'intesa è in realtà un compromesso non rispettoso di altre disposizioni, magari di rango costituzionale? Boh, di nuovo. Chi ha scritto il testo dimostra di essere davvero un fine giurista, e d'altronde non ci poteva attendere di meglio da chi ha concepito un Organo sostanzialmente soggetto a continuazione turnazione dei suoi membri (art: 57: "la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti..."), ai quali non è più neppure riconosciuto - Dio solo sa perché - di rappresentare la Nazione (art. 55, c. 2, e art. 67).

Ma, in fondo, la questione vera, se proprio si vuole parlare di soldi, non è neppure questa.
Tutte le spese dello Stato inteso in senso lato (dunque compresi gli enti pubblici territoriali) sono infatti un nulla rispetto ai denari versati, di recente, all'Unione Europea per il salvataggio di alcuni Stati membri in teoria e di alcune banche franco-teutoniche in pratica (EFSF è l'acronimo di European Financial Stability Facility, meccanismo temporaneo di risoluzione delle crisi greca, irlandese e portoghese, creato a giugno 2010; in quanto temporaneo, non poteva far fronte a una crisi ormai perpetua, pertanto dal 2012 è stato sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità, o ESM, che presta quattrini a destra e manca - Spagna, Cipro, di nuovo la Grecia - a seconda di dove scoppiano le bolle create dai dissennati prestiti della banche del Nord Europa).


Che poi, la medesima situazione, la si può rappresentare anche così (se qualcuno è interessato ai risultati di tutto questo spreco di denaro, può guardare qui).


A questi dati, si devono aggiungere i trasferimenti netti - netti!, cioè già decurtati di quanto di spettanza dell'Italia grazie ai mitici fondi europei che non saremmo capaci di spendere e che, invece, come ha ben dimostrato Romina Raponi, assai di sovente non possono e non devono essere spesi - che l'Italia fa annualmente all'Unione.
Si tratta di quasi 5 miliardi di Euro, più o meno il totale che spendiamo per tutti gli Organi costituzionali e per tutti gli Enti pubblici territoriali.
Ricordiamocelo. Oppure ascoltiamo Fabio Dragoni.

Un'ultima considerazione.
Se anche l'Italia davvero spendesse cifre significative per il mantenimento degli Organi costituzionali (e così non è), tutto sommato sarebbero soldi spesi bene. Perché rappresentano, in qualche modo, il costo della democrazia.
E poi, soprattutto:
Votare sì al referendum di ottobre potrebbe essere la decisione sbagliata definitiva.