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giovedì 26 settembre 2019

La Costituzione verde (di rabbia)

Giuseppe Conte, oltre a tante altre cose, è stato anche socio di uno dei maggiori studi legali italiani e componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa; il diritto, dunque, lo conosce molto bene. Tuttavia, se a volte per convenienza politica si millanta di sapere ciò che si ignora, altre volte (fors'anche più frequenti?) per la medesima convenienza si finge di scordare ciò che si è appreso, facendosi trasportare sereni dalla corrente di pensiero unico del momento. Ecco allora che  l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, luogo fuori dal tempo e dallo spazio, oltre che dal principio di realtà, più della tana del Bianconiglio, ben si addice a tweet come questo.
Bene. Anzi, male. Perché il nostro Presidente del Consiglio, già avvocato dei propri clienti, quindi avvocato del popolo italiano, infine rappresentante dei burocrati di Bruxelles, finge di dimenticare da un lato l'art. 139, Cost., mercé il quale i principi fondamentali della Carta sono per lo più ritenuti intangibili, ma soprattutto, e dall'altro, soprattutto, l'art. 9, c. 2, dell'attuale Costituzione, ai sensi del quale "la Repubblica... tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".
Norma breve, certo, come tutte le disposizioni programmatiche della Costituzione, ma pregnantissima, perché nel concetto di "paesaggio" - che incorpora quello di "ambiente" e della sua "biodiversità", come ben evidenzia G.M. Flick, e come si comprende dall'art. 117, cc. 1 e 2, Cost., che attribuiscono rispettivamente alla sola competenza statale ed a quella concorrente le materie della "tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei
beni culturali" e della "valorizzazione dei
beni culturali e ambientali" - c'è un quid pluris rappresentato dal fattore antropico. "Tutela del paesaggio" significa "tutela dell'ambiente" in quanto plasmato dalla natura e dall'uomo, meglio: in quanto prodotto del lavoro e della razionalità dell'uomo che protegge ed elabora il dato naturale rendendolo al contempo più coerente (più bello, vorremmo dire) e, in ultima analisi, più fruibile. Si capisce allora che, al di là della facile propaganda, non c'è - almeno in questo campo - nessun cambiamento culturale da realizzare.
Ancora: la Costituzione vive non solo delle singole disposizioni da cui è composta, ma anche dalle loro interrelazioni. Ecco allora come, nota Pizzorusso (*), la tutela dell'ambiente - sintomaticamente affidata (non senza più di un ripensamento e una contrarietà fra gli stessi Costituenti) alla "Repubblica", cioè "all'intera comunità nazionale e per essa a tutti gli organi dello Stato e degli altri enti pubblici", soprattutto locali - sia finalizzata "a creare una situazione ambientale che renda quanto più è possibile agevole l'esercizio delle libertà individuali". Che fra queste spicchino il diritto al lavoro (art. 4) e il diritto alla salute (art. 32), lo ha ben notato Flick nel testo sopra citato. Nasce così il "diritto pubblico dell'ambiente", che si risolve principalmente nell'attuazione di una razionale disciplina urbanistica e, appunto, nella difesa contro gli inquinamenti (Caravita (**)).
Ma, allora, cosa vuole Conte?



A sentire il suo discorso all'ONU, un pot-pourri in cui si passa dall'umanesimo democratico (?) al problema ambientale fino alla questione dei migranti, par di capire che il punto vero sia quello di trasformare una norma di principio, che lascia tuttavia la responsabilità politica delle sue concrete modalità di attuazione al normale gioco democratico, in una disposizione cogente e predeterminata negli esiti, volta all'introduzione di ulteriori vincoli all'azione di governo, sia di natura regolamentare, sia di natura fiscale, sulla scorta di quanto fatto da Mario Monti con l'art. 81, Cost. in materia di pareggio di bilancio.
Cavallo di Troia di questo utilizzo distorto delle pur giustissime istanze di tutela ambientale sono il concetto di "promozione delle condizioni per uno sviluppo sostenibile" delle istanze economiche e quello di "adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà nei confronti delle generazioni future". Dopo, varrà tutto: saranno incostituzionali il diesel, la Nutella, la plastica, non so forse anche l'orto del nonno. Sarà invece pienamente costituzionale qualsiasi tassa o balzello, purché "verde".
Non solo: questi concetti - nella loro pregnanza terminologica - collegano strettamente l'ordinameno italiano a Trattato e Convenzioni sovranazionali, aprendo l'ennesima breccia nel  nostro sistema dell fonti (che, ormai, è un colabrodo: si pensi alla "norma dei vinti", l'art. 10, Cost., o all'art. 11 intepretato in senso europeista, o ancora al "nuovo" art. 117, Cost.): vengono per esempio in mente la Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992), recepito dall'art. 1 del Trattato di Lisbona; o l’Agenda 2030 approvata dall'ONU nel 2015 (peraltro già recepita dall'art. 3, L. n. 221 del 2015, c.d. "collegato ambientale").
Dice: "sei sempre il solito malpensante!". Sarebbe vero, se non fosse che la proposta di legge di modifica costituzionale già esiste, firmata - tra gli altri - da quei mostri sacri del costituzionalismo italiano che sono Anna Ascani, Roberto Giachetti, Stefania Pezzopane, Debora Serracchiani. Tutto made in PD, ovviamente, tanto per ribadire a chi riferisce Conte.


(*) Pizzorusso, Sistema istituzionale del diritto pubblico italiano, II ed., Napoli, 1992.
(**) Caravita, Diritto pubblico dell'ambiente, Bologna, 1990.

venerdì 13 settembre 2019

L'Iva à la carte. Ovvero: prima ti controllo, poi ti rovino.

Un paio di fatti per inquadrare la questione.
Primo: il numero delle aliquote Iva non può essere aumentato a piacimento dagli Stati, essendovi precise limitazioni di discendenza comunitaria [1] e, comunque, dette aliquote sono collegate al bene ceduto o al servizio prestato (al limite, alle finalità della prestazione avente ad oggetto i beni o i servizi), non certo al metodo di pagamento. D'altronde, l'operazione si considera effettuata con la consegna del bene, mica con la regolazione - eventualmente di molto successiva - del prezzo.
Secondo: dal 1° gennaio 2019 tutte le fatture di vendita sono inviate telematicamente all'Agenzia delle Entrate [2] e lo stesso accadrà dal 1° gennaio 2020 per scontrini e ricevute. Dall'obbligo di invio della fattura elettronica sono esclusi minimi e forfetari, mentre - per quanto attiene i corrispettivi - dovrebbero sfuggire solo tabaccai, giornalai e trasporti pubblici. Anche gli scontrini possono essere "parlanti", cioè essere collegati - tramite codice fiscale - all'acquirente del bene o percettore del servizio. Chiunque frequenti una farmacia lo sa.
Bene, allora posso immaginare che funzionerà così.
Al pagamento di un bene o di un servizio, il cliente finale verserà in ogni caso l'Iva ad aliquota piena. Presumibilmente, questa aliquota sarà ben più alta dell'attuale: in particolare, mi sembrano plausibili le voci che vorrebbero tutta una serie di beni e servizi, attualmente ad aliquota ridotta del 10%, portati al 22% (o anche un po' più su, magari).
Lo Stato, però, si impegnerà a "restituire" a chi paga con mezzi elettronici una parte dell'imposta sottoforma di credito da scomputare dall'Irpef nella successiva dichiarazione dei redditi (come detto, aliquote differenziate non sono pensabili).
Va da sé che - soprattutto per quanto attiene il settore turistico - l'Iva "in più" pagata da consumatori non italiani resterà nelle casse dello Stato. Ma questo è il meno. La questione vera, la "ciccia", è tutta un'altra.
Riflettete un attimo: è impensabile che - per recuperare il credito di imposta nel proprio 730, le persone tengano migliaia di scontrini da parte per un anno e mezzo e - per chi non va al CAF - si facciano pure i conti del rimborso cui hanno diritto, magari distinguendo anche per aliquota Iva. Soluzione: si renderanno "parlanti" tutti gli scontrini, e il conto lo farà direttamente l'Agenzia, tramite certificazione spiattellata calda calda nel cassetto fiscale di ognuno.
Primo obiettivo raggiunto: con la scusa di rendere al cittadino una parte dell'Iva (sono facile profeta a prevedere che il credito di imposta corrisponderà a una quota parte della percentuale di incremento delle aliquote attuali) l'Agenzia delle Entrate avrà la mappa completa degli acquisti di ciascuno, sia in termini di valore degli stessi, sia in termini di composizione merceologica.
Una miniera di dati per chiunque voglia costruire un più efficiente ed affidabile redditometro (oltre che per chiunque... ecc.). Gli accertamenti sintetici nei confronti di dipendenti e pensionati diventeranno assai più comuni di quanto accade oggi, my two cents.
Ma non finisce mica (qui) il cielo.
Resta infatti inevaso un altro grave problema: la grancassa della propaganda ha già emanato la propria velina, secondo cui tutto questo sistema dovrebbe servire a reprimere - tramite limitazione del contante - l'evasione fiscale. Non a caso questa proposta si affianca all'altra, ugualmente illuminata, di tassare i prelievi di contante ai Bancomat.
Ora, fama traditur che, in Italia, i massimi evasori siano i muratori, gli idraulici, i professionisti in genere (e se non ci accorgiamo di quanto rubino è solo per la responsabilità fiscale dei colossi del web, che con le loro ingenti tasse versate dai quartier generali olandesi e irlandesi ripianano il buco), cioè quelle categorie che, più di tutte, si giovano del regime dei forfettari, di cui un punto cardine è proprio il mancato riaddebito dell'Iva in fattura. Ma senza riaddebito niente aliquote differenziate, e allora addio efficacia del sistema.
Ecco allora profilarsi il secondo obiettivo: né più né meno l'abolizione a tendere del regime dei forfettari, perché inconciliabile col nuovo sistema di riaccredito dell'Iva in funzione di scoraggiamento dell'utilizzo del contante a fini di lotta all'evasione.
Sono lì da una settimana e già sbaraccano tutto. O forse no, sono lì da molto più tempo.
Ah, la prossima volta parliamo di merendine.


[1] Cfr. Dir. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, Titolo VIII, Capo 2.
[2] Cfr. D. Lgs. 05/08/2015, n. 127, come mod. art. 1, cc. 909 ss., L. 27/12/2017, n. 205 (tutta la documentazione rilevante reperibile qui).