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venerdì 4 dicembre 2015

L'Euro è solo una moneta!

Mi scuserete se oggi parlo di cose senesi. Si tratta di questo:


Tralascio l'appellativo di "ridondanze" applicato a persone, con le loro storie, le loro specificità, i loro sentimenti. Noto soltanto che, in tutto il comunicato di GSK, non si usa mai la parola "lavoratori"; siccome sono buono, voglio pensare per un moto di vergogna.
La "politica" senese si è scatenata. Come al solito, la maggioranza - tramite esponenti del PD di Siena, ma anche del PD regionale - ha immediatamente chiesto un "incontro urgente" alla società, mentre le opposizioni hanno al solito stigmatizzato l'immobilismo di chi governa da così tanto tempo questi territori. Mi sembrano - entrambi - atteggiamenti un po' velleitari (a meno di non voler mettere su operazioni di grande costo e di corto respiro, di cui certo altre multinazionali, in questo territorio, hanno in passato beneficiato).
Vorrei infatti sommessamente ricordare alcuni titoli dei giornali dell'ultimo paio d'anni: "Alcoa annuncia la chiusura definitiva di Portovesme" (1.000 persone), "Ricatto Bridgestone: stipendi dimezzati o licenziamenti" (200 dipendenti), "Italcementi, Cassa di 20 mesi per 430 lavoratori", e potrei continuare. Mi sembra strano che, dall'Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno, la nostra classe dirigente sia tutta così incapace.
Ci deve essere dell'altro, allora.
Forse, dico forse, ci potrebbe entrare qualcosa la circostanza che, dalla metà degli anni Novanta (tenete la data a mente) la produttività del sistema industriale italiano, nonostante la crescita significativa del monte ore lavorate, subisce una forte crescita nei settori non tradable e un calo significativo nei settori tradable, in particolare il manifatturiero? (un articolo lucidissimo ma divulgativo sulla questione - con relativa bibliografia - lo trovate qui). Evidentemente, un'impresa - soprattutto se straniera (sì, signori, perché sopra si è parlato solo di multinazionali, cioè di quei famosi "capitali", tanto cari a Matteo, che bisognerebbe attrarre. Peccato che quei capitali si muovono con grande facilità non solo in entrata, ma anche in uscita... - un'impresa, dicevo, preferisce investire dove il lavoro è più produttivo, non dove lo è meno.
Vedi? La colpa è nostra! Siamo i soliti nullafacenti... Altro che in Germania! Il Cattolicesimo, il familismo amorale (che colpisce, ho scoperto, anche le balene), la corruzione, tutto questo ci ha rovinati! Chi la pensa così può immediatamente cessare la lettura. Il sito che fa per lui lo può trovare altrove sul web.
No, la colpa non è precisamente nostra. Il fatto è che, proprio nel 1996, guarda caso si assiste alla fissazione dei cambi nominali delle valute nazionali rispetto a quello che sarà poi l'Euro (sì, perché di fatto, per chi non lo sapesse, l'Euro in sostanza è entrato in vigore nel 1996, non nel 2001). Va da sé che questa fissazione comporta una rivalutazione spaventosa della Lira rispetto al Marco e - di converso - pone fine a qualsiasi rivalutazione futura del Marco stesso. Che vuol dire questa cosa? Semplice: le merci prodotte in Italia costano di più, dunque si esportano meno.
Ora, siccome il tasso di crescita della produttività è influenzato positivamente dalla crescita della domanda, minori esportazioni significano ancora minore produttività. E così via in un circolo vizioso. Queste brevi considerazioni dovrebbero far capire perché la produttività dei beni non tradable (p.e. le autostrade) non cali negli ultimi 20 anni e quella dei tradable sì.
Ma se il fattore-lavoro costa di più, come faccio a ridurlo? Evidentemente, taglio i salari! E come faccio a tagliare i salari? Facile, distruggo i diritti dei lavoratori, rendo il lavoro precario, aumento più che posso la disoccupazione. Il Jobs Act, con buona pace dei suoi difensori, serve a questo (ne abbiamo per esempio parlato qui).
Senonché questo atteggiamento produce distruzione di domanda interna, quindi meno produzione, quindi meno produttività, come in una specie di gioco dell'oca sotto LSD. Se poi il curatore fallimentare di tutta la baracca è questo...



Poi c'è l'altra questione, e cioè quella della facilità di spostamento dei capitali internazionali (o voi pensavate che la libera circolazione dei capitali significava che potevate aprire il conto alle Poste in Francia?). Qualcuno si è forse mai chiesto il perché dell'apertura a est dell'Unione Europea? Avrà avuto qualche effetto - in quanto a un tempo serbatoio di manodopera e mercato di sbocco - sulla crescita della Germania negli ultimi 10 anni? E pare normale che, aboliti dazi e frontiere, vi siano entro un'unica Area monetaria e doganale, le più diverse legislazioni in materia di lavoro, di sicurezza, di tutela ambientale? Il tutto, senza neppure rischi di cambio, o con rischi minimi, grazie ancora una volta all'Euro (che, notoriamente, "ci protegge").
Dice: ma i lavoratori italiani hanno competenze maggiori rispetto a quelli di altri Paesi, e quelle non sono esportabili. e infatti... proprio per quello è stato creato l'accordo di Schengen (un acquis comunitario che... ahimé... tanto acquis non sembra più...): oppure, di nuovo, pensavate che l'abbattimento delle frontiere fosse per eliminare qualche fila ai check-in Ryan Air quanto andavate in vacanza a Barcellona (o a Ibizia, a seconda dei gusti)? Schengen è stato creato con un certo scopo, che poi è quello nella foto qui accanto; se serve un lavoratore specializzato italiano, lo lasciamo disoccupato nel suo Paese, così emigra in Olanda dove noi abbiamo l'Head Quarter che non paga neanche mezzo Euro di tasse. La bassa manovalanza, invece, la lasciamo tranquilla in Transnistria.
Dice ancora: ma c'è il made in Italy! Quello, mica si può portare via! Come no! Vogliamo ricordare la recente diffida comunitaria all'Italia per il mancato divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari (l'UE ci tiene a che mangiamo "formaggio" quello che formaggio non è)? Oppure la mancata adozione della norma che avrebbe imposto di specificare il Paese di origine di tutti i prodotti non alimentari? Poi, penso che ognuno di voi ricordi quella nota puntata di Report, piuttosto chiara sulla questione.
E tutto questo, è ovvio e anche - mi si passi il termine - giusto, se lo si inquadra nella visione iperliberista e tecnocratica (cioè antidemocratica) che fa da sostrato ai Trattati europei, da Maastricht in poi (tralascio il TTIP... chi vuole si documenti).
Ecco che, allora, chi attacca i politici del PD non lo dovrebbe fare perché una multinazionale annuncia 127 esuberi, ma perché è stato proprio il PD (lo stesso dicasi per Forza Italia e per il M5s, comunque) a votare a permettere a quella visione di insinuarsi nel nostro ordinamento giuridico, e trionfare (se vogliamo trovare un atto simbolico, ancora più dell'adozione dell'Euro, basti pensare alla approvazione del Fiscal Compact e della norma costituzionale sul pareggio di bilancio). Non a caso, intellettuali provenienti da campi scientifici assai diversi hanno pubblicato libri il cui titolo evidenzia la dicotomia insanabile fra principi comunitari e principi costituzionali (qui e qui).
Ed anche i giornalisti, per una volta, potrebbero non fermarsi alla superficie, ma grattare la patina delle veline e dei comunicati, e fare quello che, ormai, fanno di meno: informare.
Ed i sindacati, quegli stessi sindacati che si stracciano le vesti, chiedono incontri, si incatenano ai cancelli, potrebbero studiare, comprendere, smettere una buona volta di fare i servi sciocchi del grande capitale che schiaccia quei lavoratori che la Triplice pensa di difendere? Sì, perché, ad oggi, i nostri sindacati sono questi:
Siena è un ingranaggio di un marchingegno assai più grande. Che è l'ora di smontare.

(Queste poche righe devono tutto - esclusi gli errori - al lavoro di Alberto Bagnai, di Luciano Barra Caracciolo, di Vladimiro Giacché. Forse, chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui, potrebbe avere la pazienza di andare a leggere anche gli originali...).

2 commenti:

  1. La sorte dei lavoratori della GSK è di fatto collegata con tutta la politica economica che ben conosciamo; nel caso dell'industria farmaceutica pesa in modo particolare il taglio della spesa pubblica farmaceutica che in Italia ha raggiunto i livelli più bassi d'europa.
    La situazione si è fatta ancora più critica quando tra settembre e novembre, in seguito all'ultima legge di stabilità, AIFA ha revisionato il prontuario farmaceutico rivedendo a ribasso il prezzo dei farmaci comprati alle industrie. E' stato stimato un "risparmio" di circa 500 milioni di euro all'anno
    http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=32077,
    gli ultimi dati ufficiali sono questi

    http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Allegato_A-Elenco_aziende_e_relative_specialita_medicinali_che_hanno_optato_per_pay-back.pdf , in cui si vedono le somme che le aziende farmaceutiche devono restituire allo Stato (tramite payback) nel caso questo abbia raggiunto un volume di acquisti ben definito.
    E' evidente che a questi "risparmi" corrisponderanno tagli ai posti di lavoro e delocalizzazioni;
    E' a dir poco sorpendente quindi che il PD senese si scaldi tanto, visto che a provocare il danno è la politica del PD al governo e al parlamento

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    1. Ogni taglio di spesa pubblica è in realtà un taglio di reddito privato.
      Questo, che lei così bene espone a proposito del settore farmaceutico, vale per tutti i campi in cui si esercita la c.d. spending review. Non so se coloro che, al caldo di un baretto, cianciano di sprechi, se ne rendono conto. Finché non toccherà a loro, forse no.
      Nella sanità, poi, il problema è duplice. I "risparmi" (non entro, per carità di patria, nella questione del Decreto Lorenzin) incidono sulle persone sia come minore spesa pubblica, sia come minor welfare.
      Coraggio Italia, davvero...

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