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venerdì 10 settembre 2021

Mi dimetto da traster

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

To the happy few


Mi dimetto da traster, cioè mi dimetto da me stesso e certifico una sconfitta anche generazionale.

Quando Salvini ha lanciato il progetto di trasformazione della Lega in un partito autenticamente nazionale (quindi anche antiunionista, nella misura in cui l'Unione Europea si pone oggettivamente come strumento di repressione del circuito democratico interno, sia in ordine alla determinazione degli obiettivi strategici da perseguire che alla individuazione dei mezzi per perseguirli) e interclassista (cioè, in sostanza, post-keynesiana dal lato economico e moderatamente liberale sul fronte dei diritti civili), io ci ho creduto, eccome se ci ho creduto.

Il progetto, però, è spettacolarmente fallito in soli tre anni. A posteriori, mi rendo conto che le cose non sarebbero potute andare altrimenti, trattandosi di un'operazione velleitaria in quanto intimamente contraddittoria; come d'altronde erano contraddittorie le mie aspirazioni. Oggi la Lega si pone oggettivamente come elemento di depotenziamento del dissenso di una parte importante del Paese e svolge, rispetto a classi sociali differenti, un ruolo analogo a quello del Movimento 5 stelle; e ciò indipendentemente dalla - o forse grazie alla - assoluta buona fede e integrità di alcuni suoi dirigenti e di molti suoi militanti (quorum ego).

Tuttavia le modalità con cui si raggiunge questo risultato mi paiono significativamente diverse rispettto a quelle del Movimento. Se nel campo grillino - complice lo stesso vizio genetico del partito, eversivo nella comunicazione e stabilizzatore nei fatti - è chiara la metamorfosi dei comportamenti attraverso la perversione dei significati delle stesse tradizionali parole d'ordine, così da favorire una lenta assuefazione dell'elettorato a nuove liturgie e nuove retoriche (il modello della "rana bollita"), a me sembra che nel campo leghista si stia assistendo a una certosina ed organizzata umiliazione di Salvini e della sua classe dirigente, secondo il noto adagio militare che ritiene essenziale, per vincere la guerra, fiaccare prima di tutto il morale del nemico (e poi spargere il sale sulle rovine).

Accade così che un ministro risponda sprezzantemente a militanti della prima ora parlando di cinema e altre attività connesse, o che un altro addirittura anticipi Draghi nell'annunciare urbi et orbi che il greenpass, invece di essere seppellito fra le immondizie della storia, sarà esteso nel suo utilizzo.

Accade che il Presidente del Consiglio utilizzi lo spauracchio della questione di fiducia come una clava, che vari esponenti del governo - in modo alquanto irrituale - si vantino di aver approvato tutti i provvedimenti più liberticidi della storia della Repubblica "all'unanimità", che il segretario di un partito della maggioranza la mattina rilasci una dichiarazione e il pomeriggio sia smentito - in modo scientifico - da tutti i suoi governatori.

Questa dinamica oggettiva - per dirla col nostro amico di Twitter (amico nonostante ci rimproveri la mancata lettura di Heidegger) - dovrebbe far riflettere coloro che ancora insistono a giustificare la scelta di far parte del governo Draghi. Errore certamente frutto di altri due errori (il governo giallo-verde e la rottura di esso), il secondo dei quali a sua volta frutto del primo, ma comunque errore gravissimo. Poiché questo governo è nato proprio per umiliare la Lega (rectius: la Lega di Salvini), starci dentro non significa fare da catechon alle derive del M5s e del PD, bensì alimentarle. Come il buttare ossigeno dentro al fuoco attizza l'incendio, anziché spegnerlo. Con buona pace di chi, in estrema buona fede, crede ancora che Garavaglia e Giorgetti si batteranno a petto nudo contro l'inasprimento dell'IMU. Forse su quella sui capannoni, diciamo.

D'altronde, abbiamo visto la parabola in merito all'Unione Europea.

Abbiamo combattuto una difficilissima battaglia sul MES per poi accettare senza battere ciglio il PNNR, che anzi eccita i governatori nordisti preoccupati solo di essere coinvolti nella ‘messa a terra’ dei progetti (Zaia dixit). Per dirla in modo brutale: siamo passati da Basta Euro a confrontiamoci sulle regole del Patto di Stabilità, in attesa della federazione con Forza Italia e le sue inevitabili ricadute. Ah, per chi fosse incerto: il momento non è diverso. Sono, semmai, diverse le persone, visto che - almeno per la mia basica esperienza - molti dei quadri intermedi del partito sono saldamente europeisti, vaccinisti, iper moderati, insomma piddin-forzitalioti e chi alza un sopracciglio è messo all'angolo.

Ma non è questo il punto. Il punto è che, come dicevo, a posteriori ammetto che non poteva andare diversamente. Quello che io chiedevo, che milioni di elettori chiedevano, è infatti profondamente contraddittorio, dunque destinato alla disfatta. In questi anni mi sono illuso di poter tenere lontano dalla mia vita privata lo Stato utilizzando i meccanismi di funzionamento dello Stato e, al contempo, di poter essere tutelato come cittadino dallo Stato senza avere in mano le leve dello Stato. Purtroppo non funziona. Non ha mai funzionato. Il che sarebbe al limite una catastrofe politica personale, se non fosse che essa riverbera sulla vita, sulla stessa esistenza, di moltissime persone, messe di fronte alla libera scelta fra la fame propria e della famiglia (aka licenziamento, perché di questo si parla) e la violazione del proprio corpo, o - anche peggio - fra l'esclusione dalla socialità (quella riprovazione del gruppo che pensavamo tipica di ere preindustriali) o la violazione del corpo dei propri figli.

Allora, diceva quello, che fare? L'ipotesi più ovvia è evidentemente la rivolta. Astensione rispetto ai riti inutili della politica (sui temi fondamentali non c'è differenza fra i grandi partiti, dal PD al Movimento 5 stelle alla nuova/vecchia Lega, e secondo me non è diverso neppure FdI e comunque insomma a tutto c'è un limite) e quotidiana, sotterranea opera di mimetizzazione, sabotaggio, opposizione anche irrazionale. Become ungovernable. È un'opzione, in attesa di tempi migliori, che ha quantomeno il pregio dell'integrità personale, ma che per chi - come me - è stato abituato da tutti (famiglia, insegnanti, amici) a pensare che la propria opinione conta, che il proprio voto è importante, è una strada troppo difficile da seguire.

Ma vota per Riconquistare l'Italia (Italexit, ecc.)! Ma anche no, sinceramente proprio no. Per due ragioni fondamentali. La prima, che continuo a credere che - nelle condizioni date e in mancanza di uno shock esterno fortissimo - sia impossibile far nascere ed affermare un nuovo movimento dal nulla e che, quando ciò accade, è perché quel movimento è funzionale alle élite, non antagonista. La seconda, che normalmente questi partiti basano le loro linee programmatiche una contrapposizione fra un (supposto) socialismo costituzionale e un (altrettanto supposto) liberismo che avrebbe, per motivi contingenti, colonizzato il sistema politico e istituzionale. Io sono invece convinto che la tradizione liberale che innerva anche la nostra Carta vada anzi riscoperta, pena uno schiacciamento ermeneutico dei suoi contenuti che finirebbe per giovare ai nostri (ai miei) avversari. Salute collettiva: fatti il vaccino. Funzione sociale della proprietà privata: consumi troppa CO2 e dunque ti sequestro la macchina. Eccetera eccetera eccetera. In effetti, ho difficoltà a pensare di essere rappresentato da chi non capisce che se l'intepretazione ultima delle regole del gioco è in mano a un gruppo relativamente ristretto di persone, non elette dal corpo elettorale, quelle persone saranno per definizione preda delle élite.

Cosa resta, pertanto? Nulla. O meglio, resterebbe un'azione di popolo che cambi le regole del gioco politico, ma quest'azione non ci sarà. Abbiamo ancora troppo da perdere e troppo poco in cui credere. Dovremo sentire stringere il cappio, farci togliere il cibo (mangia il bruco), la casa (vivi nel buco), i mezzi di trasporto, dobbiamo finire chiusi dentro la gabbia di Skinner per svegliarci, dopodiché piegheremo comunque il capo perché non saremo capaci di portare avanti una visione alternativa del mondo, che non sia quella plastificata che hanno creato per noi nella silicon valley. Nulla però è passato invano: questi anni mi hanno permesso di conoscere - davvero, non (solo) su una chat - tante persone meravigliose, che mi hanno aiutano e giornalmente mi aiutano a non sentirmi solo ed a farmi crescere nella comprensione del reale. Ripartiamo da qui.