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martedì 15 marzo 2016

Piketty, gli manca solo il loden

Finalmente ho terminato la lettura de "Il Capitale nel XXI secolo" di Thomas Piketty.
Chi non l'ha fatto, comunque, può tranquillamente restare nell'ignoranza.
Il saggio ha mille difetti, il minore dei quali è quello di essere lungo poco meno della Bibbia, peraltro con risultati - si spera - assai meno profondi e duraturi: è tutto incentrato sul capitale, ma non prende mai in considerazione i capitalisti (per cui, sembrerebbe, si dovrebbero tassare allo stesso modo il professionista che si è fatto la villa alle porte di Roma e la casa al Circeo, l'imprenditore che possiede la maggioranza di una media azienda che fattura qualche milione di Euro all'anno, il manager che - giusto alla pensione - investe la liquidazione in strumenti finanziari); sospetta fortemente il debito pubblico - in base, par di capire, ad una concezione un po' aziendalistica dello Stato sociale -, ma non si interessa in alcun modo al debito privato (che è visto, in sostanza, come un "minor capitale"), né valuta in profondità gli effetti delle bilance dei pagamenti (d'altronde, per Piketty l'ottimo sarebbe un unico governo mondiale, anzi galattico); postula tassi di rendimento pressoché stabili nel tempo per il capitale (che, nel retro-pensiero dell'autore, è eminentemente finanziario: azioni, obbligazioni e titoli di Stato), senza però mai porsi il problema della formazione di quei tassi (sono per esempio totalmente assenti le dinamiche salariali, o le scelte normative in materia bancaria); annette importanza, nella riduzione della concentrazione patrimoniale nel secondo dopoguerra, alle sole imposte progressive, senza in alcun mondo considerare la le dinamiche salariali (rispetto alle quali, io guarderei questo); soprattutto, annacqua in affreschi anche di lunghissimo periodo fibrillazioni epocali derivanti da fondamentali eventi sociali, politici, legislativi (con esclusione, bontà sua, delle Guerre Mondiali).
Però, ad onor del vero, bisogna riconoscere a Piketty quanto meno un gran pregio, che è quello di parlare sempre molto chiaro.
Per uno Stato, esistono soprattutto due modi per finanziare le proprie spese: con l'imposta o con il debito. In generale, l'imposta è di gran lunga preferibile, sia in termini di giustizia che in termini di efficacia. Il problema del debito consiste nel fatto che il più delle volte deve essere ripagato, per cui va generalmente incontro agli interessi di chi disponeva di mezzi finanziari per portare soldi allo Stato, a cui sarebbe stato meglio far pagare le imposte... Esistono soprattutto tre metodi principali, coniugabili in proporzioni diverse: l'imposta sul capitale, l'inflazione e l'austerità. La soluzione di gran lunga più soddisfacente per ridurre il debito pubblico consiste nel prelievo di un'imposta eccezionale sul capitale privato. Per esempio, un'imposta proporzionale del 15% su tutti i patrimoni privati... equivarrebbe alla cancellazione totale del debito pubblico, pur con due differenze essenziali. È sempre molto difficile prevedere il grado d'incidenza finale di una cancellazione, anche parziale. Misure simili... sono state spesso impiegate in situazioni di crisi estrema..., per esempio in Grecia..., informa di haircut. Il problema è che, se la misura viene applicata su vasta scala, per esempio su scala europea e non solo greca..., è molto probabile che si scateni un'ondata di panico bancario e ne consegua una serie di fallimenti a catena... Il vantaggio della soluzione fiscale è che permette di modulare lo sforzo richiesto a seconda del livello di patrimonio di ciascuno... Meglio applicare un'imposta progressiva... In una certa misura, è già quanto stanno promuovendo le leggi bancarie europee, quando, in genere, garantiscono in caso di fallimento i depositi inferiori a 100.000 Euro... In ogni caso, sarebbe eccessivo pretendere di azzerare il debito pubblico in un colpo solo. Più realisticamente, supponiamo che si cerchi di ridurre i debiti degli Stati europei del 20% circa del PIL, che permetterebbe di passare... a un livello che si avvicinerebbe alla quota di indebitamento massimo... fissata dagli attuali Trattati europei... Per ottenere in una sola volta il 20% del PIL in entrate fiscali, basterebbe... applicare un'imposta eccezionale..., [ma] è anche possibile ottenere il medesimo risultato applicando per dieci anni l'imposta progressiva con tassi... dell'1% e del 2% e destinando le entrate a un alleggerimento del debito, per esempio con i c.d. "fondi di redenzione del debito", proposti nel 2011 dal consiglio di esperti economici attivato dal governo tedesco.
È chiaro cosa sta dicendo questo campione degli oppressi? È chiaro?
Prima, si inizia con una tirata contro i ricchi capitalisti avvoltoi che prestano soldi allo Stato onde farsi rimpinguare di interessi. Poi, però, si tira giù la maschera e si dice chiaramente che, quando un debito pubblico diviene insostenibile, c'è il rischio concreto che non sia ripagato e che dunque ne vadano di mezzo i principali detentori del medesimo.
Chi? Degli sporchi capitalisti nascosti in qualche villa silenziosa? Dalle famiglie (come si esprime Piketty a pagina 863)? No, le banche. Le banche. Le banche. Ripeto: le banche.
I cittadini entrano in gioco qui: si svenino, ma ripaghino questo maledetto debito alle istituzioni finanziarie che lo detengono, senza se e senza ma.
Vi ricorda qualcosa? Vi aiuto, col noto disegnino (piuttosto auto-esplicativo) del Sole 24 Ore. Non solo: lo stesso Piketty cita il caso di Cipro, in cui "le autorità europee hanno esitato a impiegare il denaro del contribuente europeo per rimettere in sesto senza contropartita le banche cipriote, anche perché si sarebbe trattato in sostanza di salvare dei miliardari russi". Ecco, secondo il Nostro, "nel caso cipriota non sarebbe stato così scioccante chiedere uno sforzo ai risparmiatori, dal momento che è il Paese nel suo complesso a essere corresponsabile della strategia di sviluppo adottata dal governo".

Ecco dunque spiegata anche la ratio del bail-in.
Il bail-in altro non è che una forma particolare di imposta patrimoniale, applicata selettivamente alle persone fisiche o giuridiche che possiedono attivi in qualche collegati a una banca in difficoltà, al fine di trasferire ricchezza dalle prime alla seconda senza l'intermediazione statale.
Punto.
Piketty, in sostanza, sposa - sulla questione del debito pubblico - lo stesso identico punto di vista non soltanto del nostro esimio Senatore a vita ed esecrato a morte Mario Monti, ma anche della Bundesbank. Due campioni della sinistra, in sostanza.
Anche a Monti, peraltro, non manca di certo il dono della chiarezza (e - va detto - è anche più asciutto di Piketty).



Ma Piketty non si ferma qui. Prima, indica nelle norme dei Trattati europei un riferimento per la determinazione di un ammontare "giusto" del debito (il che già dà un'idea del soggetto con cui si ha a che fare), poi addirittura rispolvera l'idea dell'European Redemption Fund (ERF).
Ora, l'ERF - un fondo europeo in cui sarebbero conferiti asset patrimoniali e riserve auree dei singoli Paesi, oltre all'IVA esatta da ciascuno - altro non è che un meccanismo automatico per lo smantellamento della personalità giuridica degli Stati nazionali, che permetterebbe l'automatico rispetto del Fiscal Compact (e, quindi, la fine dello Stato sociale come noi lo conosciamo): infatti, il Fondo funzionerebbe in sostanza come una "cambiale in bianco" incassata direttamente in caso di mancata riduzione del debito da parte di questo o quello Stato (come ben spiega Marco Mori in un bell'articolo qui).
Piketty, comunque, non si nasconde che un altro modo per abbattere il debito pubblico sarebbe quello, più volte sperimentato in passato, di incrementare l'inflazione.
Quella dell'inflazione è certo una soluzione molto attraente. La maggioranza dei più alti debiti pubblici della storia d'Europa... è stata ridotta in questo modo...Ciò posto, vale la pena di insistere anche sul fatto che l'inflazione non è che un sostituto molto imperfetto dell'imposta progressiva sul capitale e può comportare una serie di effetti collaterali poco gradevoli. La prima difficoltà connaturata all'inflazione è il rischio che vada fuori controllo... La seconda difficoltà connaturata all'inflazione è che perde buona parte degli effetti desiderati quando diventa permanente e anticipata... A favore dell'inflazione resta un argomento. Rispetto all'imposta sul capitale, che come tutte le imposte porta inevitabilmente a sottrarre risorse a persone che si preparano a spenderle utilmente..., l'inflazione ha il merito, nella sua versione idealizzata, di colpire principalmente chi non sa che cosa fare col proprio denaro..., anche se... l'inflazione non impedisce minimamente ai patrimoni importanti e ben diversificati di ottenere un buon rendimento... In definitiva, la verità è che l'inflazione è uno strumento abbastanza grossolano...
L'antipatia per l'inflazione è palpabile (pari quasi al rispetto per quel democraticone di Milton Friedman, la cui "Storia monetaria degli Stati Uniti" è bollata addirittura come "opera fondamentale". Vabbè, ognuno ha i suoi gusti), ma i motivi sono poco chiari. Forse perché il testo non mette in rilievo il principale effetto dell'inflazione, che è quello di ridurre tutti i debiti, pubblici e privati, di giocare - cioè - a favore di tutti i debitori contro tutti i creditori.
E chi sono i principali creditori, al giorno d'oggi?
Fuochino... fuoco... sì, esatto, di nuovo le banche. (Creditori sia di soggetti pubblici che di soggetti privati. Ma anche creditori fra di loro, per cui si capisce meglio quale sia uno dei motivi che hanno scatenato l'attacco tedesco ai Titoli di Stato detenuti dagli Istituti finanziari, di cui si è detto qui).
Infine, una considerazione più "marginale".
Il buon Piketty evidenzia come il meccanismo funzioni soltanto a due condizioni: (i) che l'imposta sia applicata in tutto il mondo, o quanto meno a livello continentale, pena un'inevitabile concorrenza fiscale (lui, ovviamente, avrebbe la predilezione per l'applicazione prima di tutto nell'Unione Europea, di cui invoca una sempre maggiore integrazione: non a caso l'uomo, amico del popolo così come sopra dimostrato, è un eurista convinto); (ii) che vi siano le condizioni per una banca dati globale dei patrimoni, mediante scambio automatico di tutte le informazioni bancarie detenute dai diversi Paesi.
Vi è chiaro? L'autore del saggio ritiene che, per iniziare, si potrebbe fissare una tassa patrimoniale bassissima, una specie di "imposta di registro" dei patrimoni dello 0,1%, in modo da creare, piano piano, questa banca dati. I nostri legislatori ed i nostri giornalisti, però, sono enormemente più fantasiosi di un economista francese, e soprattutto possono sempre tirare fuori dal loro cilindro dei trucchi i conigli della corruzione (che, ah signoria mia!, soprattutto in Italia ha sempre un suo mercato di gonzi) o del terrorismo (più di moda nel resto d'Europa).
Vediamo se allora anche certe notizie assumono un significato un po' differente...



Ma si sa, il problema dell'Europa è il barista che non fa lo scontrino...

2 commenti:

  1. Bravo! anzi mitico.
    Scopro questo articolo attraverso sinistrainrete, un integratore nelle vaste fosse delle Marianne della sinistra o l'ho già girato ai 4 venti.
    Caro sconosciuto (colpa mia), vorrei stringerti la mano e financo abbracciarti per avermi così mirabilmente sintetizzato le pecche del tomo che da ere giace sulla scrivania, consentendomi di lasciarlo li ancora per molto a cullarsi tra la polvere.
    D'ora in poi avrò un altro blog 'must read' insieme a goofy e 48, subito prima di quello di Wren Lewis. (neanche nella fantasia riesco a seguirli con regolarità).

    Solo una nota tecnica, le banche sono sia creditori che debitori (se no come lo quadrano il bilancio), però i debiti sono verso quelle famiglie nei confronti delle quali Piketty mostra tanta premura da essere indeciso tra il gulag e il bail-in, ma siccome è tanto democratico opta per il secondo.
    Oggi però il tempo della premura è terminato e si opta per
    gli effetti speciali

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  2. Ciao.
    Grazie per i complimenti (io stesso mi "abbevero" ai blog che citi, per cui quello che scrivi per me vale doppio!).
    Quello che scrivi è vero, o meglio... come tu stesso noti era vero: ormai, come è stato giustamente detto, se sei debitore ti tolgono la casa, se sei creditore ti azzerano il conto corrente.
    Il tutto, va da sé, perché non c'è abbastanza Europa.........

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