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sabato 27 febbraio 2016

Le banche gongolano (tutti gli altri piangono)

Un paio di giorni fa ha fatto molto scalpore, giustamente, lo scoop del Fatto Quotidiano riguardo alla prevista deroga a favore delle banche, mediante apposito Decreto legislativo di recepimento dell'ennesima direttiva europea (nel caso di specie: la dir. 2014/17/UE), al divieto del c.d. "patto commissorio" (art. 2744, c.c.).
In sostanza, una volta che il Decreto sarà entrato in vigore, l'Istituto creditore ipotecario o pignoratizio potrà impossessarsi - senza alcuna procedura esecutiva - del bene ipotecato o pignorato (cioè, traducendo, di casa vostra). Ecco il testo del nuovo art. 120-quinquiesdecies del Testo Unico Bancario (o TUB: cioè il D. Lgs. n. 385 del 1993): "Le parti del contratto [notoriamente sullo stesso piano: N.d.R.] possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contratto di credito [cioè del mutuo: N.d.R.] o successivamente [cioè da ora in poi, anche sui mutui che avete già acceso da chissà quando: N.d.R.], che in caso di inadempimento del consumatore [cioè vostro: N.d.R.] la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale [casa vostra: N.d.R.] o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta[no] l'estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all'eccedenza. Il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo con una perizia successiva all'inadempimento...".
Per inadempimento, come giustamente nota Il Fatto, si intende il ritardato pagamento di sette rate anche non consecutive (per l'esattezza, per l'art. 40, c. 2, TUB "la banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive", intendendosi per "ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata").
Ciò premesso, vorrei prendere spunto dalla faccenda per fare alcune considerazioni (oltre ovviamente quella che si tratta di una norma indegna di un Paese civile, tanto da derogare - non a caso - a un principio giuridico che vanta circa 1.700 anni di vita. Ma tanto, ormai, il diritto romano è stato spazzato via dall'aggressività anglosassone).

Come detto, si tratta di una norma odiosa, ma che si incardina in tutto un processo legislativo volto ad aggredire, con la maggior facilità possibile, il patrimonio del debitore. Il tutto, come sempre, per ridurre l'annoso problema delle sofferenze bancarie (NPL, per quelli fichi).

Con un corollario non da poco: e cioè che per favorire le banche si sfavoriscono sia i debitori, in questo caso persone fisiche che hanno magari fatto il mutuo per acquistare un'abitazione, e che dunque dovrebbero essere soggetti deboli particolarmente meritevoli di maggior tutela, sia anche gli altri creditori, che non sono istituti finanziari (i quali sono spesso, a loro volta, piccolo imprenditori in gravi difficoltà).

Un po' di esempi, per ricostruire il quadro.
In principio fu l'art. 4, D. Lgs. n. 170 del 2004 (Decreto ovviamente redatto per venire incontro ad alcune direttive europee, ça va sans dire), relativo ai "contratti di garanzia finanziaria" tra banche o tra banche e imprese (o altri enti giuridici).
Già le "definizioni" contenute nel primo articolo del decreto distruggevano più di un millennio di cultura giuridica: tra i contratti di garanzia finanziaria si annoverano infatti "il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l'adempimento di obbligazioni finanziarie". In sostanza - visto che tra le "attività finanziarie" è compreso anche il denaro - si confondono in un colpo solo il deposito irregolare, il mutuo e il pegno.
Ma non basta, perché il sullodato art. 4 dispone che, "al verificarsi di un evento determinante l'escussione della garanzia, il creditore pignoratizio ha facoltà, anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione, di procedere... alla vendita delle attività finanziarie oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del proprio credito, fino a concorrenza del valore dell'obbligazione finanziaria garantita", ovvero "all'appropriazione delle attività finanziarie oggetto del pegno, diverse dal contante, fino a concorrenza del valore dell'obbligazione finanziaria garantita", ovvero ancora "all'utilizzo del contante oggetto della garanzia per estinguere l'obbligazione finanziaria garantita".
Anche in questo caso, con tanti saluti al divieto di patto commissorio.
Come si vede, lo schema è lo stesso della "nuova" disposizioni scoperta dal Fatto Quotidiano; secondo il buon vecchio metodo Juncker, una decina di anni è stata provata sulle imprese (relativamente ai pegni mobiliari), oggi viene estesa ai comuni cittadini (in merito a ipoteche sulle loro abitazioni).
Si tratta, come si vede, di un processo in divenire.
Che, però, ha una forte accelerazione sotto l'ultimo governo. Ma non è colpa di Matteo, poverino... è piuttosto un "fattore ambientale", come mi ha molto giustamente spiegato Patrizia Grilli (che da ultimo potete trovare qui), più precisamente il famoso
In altri termini, questo:
Chi fosse interessato alle illuminanti parole di Serra anche su corruzione, debito pubblico, privatizzazioni e così via vaneggiando, può leggere qui.
Per tutti gli altri, veniamo dunque al presente renziano, e precisamente al D.L. n. 83 del 2015, il quale agisce - appunto - su due binari: quello delle esecuzioni e quelle delle procedure fallimentari.
Dal primo punto di vista, si velocizzano le procedure per i pignoramenti immobiliari, il valore degli immobili è sganciato dalla rendita catastale per ragguagliarsi al valore di mercato. gli acquirenti possono entrare in possesso del bene pur versando il prezzo a rate (purché presentino apposita fideiussione). C'è anche solito regalino riguardante la deducibilità delle perdite delle banche: nella fattispecie, le svalutazioni su crediti e le perdite su crediti di Enti creditizi e finanziari divengono deducibili, ai fini Ires e ai fini Irap, tutte nell'anno di rilevazione contabile e non in cinque esercizi, come in precedenza.
Soprattutto, è introdotto l'art. 2929-bis c.c., ai sensi del quale il creditore, ove si ritenga pregiudicato da una donazione o da un fondo patrimoniale o da un trust o da qualsiasi altro vincolo di destinazione, può iniziare l'esecuzione forzata indipendentemente dall'ottenimento di una sentenza dichiarativa d'inefficacia del trasferimento (cioè di una revocatoria). Ai terzi, è concessa solo l'opposizione all'esecuzione, con motivi circoscritti all'effettiva esistenza del supposto pregiudizio e la conoscenza, in capo al debitore, del pregiudizio medesimo. 

In questo modo, però, si verifica una significativa lesione del diritto di difesa non solo del suddetto debitore, ma anche del terzo che abbia eventualmente ricevuto i beni (per intendersi: normalmente i figli, o i nipoti del debitore). Anche qui, con buona pace dello Stato di diritto.

La norma, non a caso, è stata interpretata così...
Anche le modifiche alle disposizioni fallimentari (fortissimamente richieste dall'Europa: ce lo hanno spiegato i professori della Luiss qui) vanno ancora nel senso di "aiutare" i creditori finanziari (sia pure, in questo caso, nel rispetto dei diritti degli altri). L'accordo di ristrutturazione dei debiti può infatti essere concluso con il parere positivo del 75% dei creditori finanziari, se questi rappresentano almeno la metà dell’indebitamento, fermo l’integrale pagamento dei creditori non finanziari.

Sempre a proposito di esecuzioni (queste procedure di altri tempi, che chissà perché vorrebbero a certe condizioni proteggere le ragioni anche dei debitori, questi esseri abietti che hanno avuto l'ardire di non rimborsare un prestito), va ricordato anche l'art. 1, L. n. 44 del 2015, che ha modificato l'art. 11-quaterdecies del D.L. n. 203 del 2005, avente ad oggetto il prestito vitalizio ipotecario (ringrazio Marco Maria Ricci per lo spunto). Già l'istituto in sé comporta quel non so che di estorsivo nei confronti degli anziani (banche e finanziarie possono concedere finanziamenti a medio e lungo termine, con capitalizzazione annuale di interessi e di spese, ivi compreso l'anatocismo, riservati a persone fisiche con età superiore a sessanta anni compiuti, il cui rimborso integrale in un'unica soluzione può essere richiesto al momento della morte del soggetto finanziato ovvero qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull'immobile in garanzia)
Ma la cosa migliore deve ancora venire: "i finanziamenti... sono garantiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali... Qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro dodici mesi..., il finanziatore vende l'immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore, utilizzando le somme ricavate dalla vendita per estinguere il credito vantato...".
Sembra la norma che la Boschina ha presentato alla Camera, vero? Praticamente è la stessa, provata prima sui vecchi, poi estesa ai giovani (un po' come le medicine, quando non si sa ancora se fanno bene o male. Qui però si sa).

Infine, ecco arrivare il D.L. n. 18 del 2016 il quale - oltre che devastare il mondo delle BCC e normare il topolino della GACS (partorito dalla montagna della bad bank) - prevede il pagamento dell'imposta di registro e delle imposte ipocatastali in misura fissa (cioè 300 Euro, invece dell'11% del valore, come accade nel caso di "normale" cessione), purché "l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni".
Lo capite? (Di tutta la faccenda ne abbiamo parlato qui e qui).
Comunque, traduzione in italiano: le banche che acquistano gli immobili oggetto di esecuzioni da loro stesse iniziate possono non pagare imposte, se poi valorizzano il bene e lo cedono di nuovo (si immagina, anche con relativa plusvalenza) entro due anni.

Al solito, gli altri si attacchino. Ce lo chiede o non ce lo chiede l'Europa?

E siamo di nuovo al punto di partenza.
Resta un ultimo, amaro commento.

L'impressione è quella di essere in un enorme gioco della (non) OCA, in cui i cittadini italiani perdono sempre: la rigidità di cambio portata dall'Euro impone recuperi di competitività mediante svalutazione del lavoro e depressione della domanda interna, pena esplosione della bilancia dei pagamenti dei Paesi della periferia; la riduzione della domanda interna comporta evidenti sofferenze alle imprese, soprattutto a quelle che non possono esportare i propri prodotti; le imprese, in crisi, e le famiglie, in crisi, non restituiscono i finanziamenti alle banche, che dunque riducono l'offerta di credito, aggravando tali crisi; le sofferenze, in questo modo, aumentano in modo esponenziale; per ridurre queste sofferenze, si introducono norme che, seppure accelerano - in un primo momento - il recupero dei crediti (con effetti sugli utili che gli analisti stimano attorno al 4%, fino al 10% per Mps o altre aziende bancarie con seri problemi di NPL), nel medio periodo impongono nuovi sacrifici a famiglie e imprese, con scontato ritorno al punto di partenza.

Juncker (ora) ci abbraccia e sorride. Noi, ovviamente, ricambiamo...

3 commenti:

  1. Il decreto è di per sé chiaramente iniquo, ma quello che più mi preoccupa è la questione dei figli: è prevista un'eccezione nel caso di figli minorenni o no?

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    1. Non che mi risulti. Però mi sembra di aver capito che, dopo la levata di scudi delle opposizioni, il governo dovrebbe modificare il Decreto in alcuni punti.

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