Cerca

Pagine

sabato 13 febbraio 2016

Vi prego, fermateli! (In morte della banca cooperativa...e un PS sulle vendite all'asta)

Vi prego, fermateli.
Davvero.
La situazione è questa:
- la fiducia nel sistema bancario è stato spazzata via dall'introduzione, su scala europea, del sistema del bail-in (come aveva ben visto anche Padoan, prima che a Bruxelles gli tirassero le orecchie e lui, allineato e coperto, cambiasse immediatamente opinione, e come è riuscito a scrivere - qui - anche quello che "in Grecia il reddito è aumentato"), bail-in peraltro già applicato in modo particolarmente lungimirante sia in Italia (le 4 banche di dicembre) sia in Portogallo (il Banco do Espirito Santo), bail-in che, tra l'altro, resterà così com'è, nonostante gli starnazzamenti tardivi dei nostri politici (scrive il Financial Times: "what is the chance of the rules being changed? Almost none");
- i mercati iniziano a registrare tensioni crescenti sugli spread dei titoli pubblici a seguito delle proposte tedesche in ordine alla loro possibile contabilizzazione fra gli RWA delle banche e all'eventuale meccanismo di allungamento delle scadenze in caso di ricorso al MES (ricordo anche, per chi è più smemorato di me, che la BCE accetta a collateral del QE soltanto titoli con rating non inferiore a BBB-, v. qui e qui... avete presente il rating dell'Italia?);


- il governatore della Banque de France e il presidente della Bundesbank (in un articolo delirante che potete leggere qui: la parte sulla necessaria precarizzazione del lavoro in Francia e dell'obbligatorio incremento degli asili in Germani fa schiantare) straparlano di un Ministro delle finanze europeo, cioè dell'austerità eurista perpetua, proposta talmente folle ("an efficient and less fragmented European administration, to build a common Treasury for the euro area in conjunction with an independent fiscal council; and a stronger political body for policy decisions, under parliamentary control. These new institutions would restore the balance between liability and control") da essere stata subito accolta in modo entusiastico da Enrico Letta (oltre che da Repubblica, con uno dei più begli articoli di satira involontaria mai letti);
- per finire (a dimostrazione che il giochino è talmente pesante da sfuggire facilmente di mano), Deutsche Bank è l'epicentro di una nuova, possibile, ultra-recessione mondiale (con il conseguente massacro, simil-2011, delle nostre malandate tasche: e questa volta non è l'IMU, è proprio una vera patrimoniale, per tutti),
Che si tratti di un disegno coerente si intuisce subito, In questo testo è contenuta una ricostruzione storica a mio parere assolutamente condivisibile.
Tradotto in termini finanziari:




Ora, questi fenomeni al governo, in un bordello come questo, che inventano? La riforma delle BCC! Tra l'altro, così come era accaduto per le Popolari (d'altronde, visti i risultati, perché non perseverare?), addirittura per decreto legge!
Ovviamente, si tratta del solito, gigantesco, #facciamocome. Punto di riferimento - questa volta in Francia, visto che in Germania le Sparkassen sono tutte pubbliche, e da noi, si sa, il pubblico è tanto brutto perché c'è la corruzione percepita (da questi qui), mentre lì è tanto bello (addirittura... da esportazione!), perché non si infrange mai, proprio mai, la legge, o se si infrange subito dopo la si cambia... De André aveva proprio sbagliato Paese! - è il Crédit Agricole (il Crédit Agricole?!? Sì, il Crédit Agricole. Una delle peggiori privatizzazioni dell'universo-mondo? Esatto. Quello con la partecipazione nel Banco do Espirito Santo, di cui sopra? Certo. Ma poi quelle non sono Casse di Risparmio e queste Banche di credito cooperativo? Eh, stai a guardare...).
Punto fondamentale è l'obbligo, per tutte le BCC, di aderire ad un nuovo "gruppo bancario cooperativo" che però abbia, come capogruppo, una società per azioni, il cui patrimonio non deve essere inferiore a 1 miliardo di Euro. In caso contrario, viene meno addirittura l'autorizzazione di Banca d'Italia all'esercizio dell'attività bancaria in forma cooperativa.
Ora, qui c'è subito un piccolo problemino. Non è un mistero che alcune BCC sono banche locali, piccole ma solide, mentre altre hanno, diciamo, concesso credito in modo un po' allegro; imporre una holding con 1 miliardo di Euro di capitale significa vietare, in radice, la possibilità che si creino plurimi poli cooperativi; significa, in altri termini, imporre una specie di fusione coatta di tutte le Banche di Credito Cooperativo. Sane e meno sane. Come al solito, le prime dovranno far fronte ai buchi delle seconde. Già così, primi mugugni.
Comunque, se proprio qualcuno non ci volesse stare, la scappatoia c'è. (Allacciatevi le cinture, perché si entra nel ridicolo giuridico ed economico). La BCC che non intende aderire al gruppo, può farlo a condizione che abbia patrimonio (e non riserve, come diceva la bozza di d.-l) per almeno 200 milioni di Euro e che, sulle riserve indisponibili, versi un’imposta straordinaria del 20%. Come detto, non sarà più una Banca di Credito Cooperativo, bensì una Società per azioni. Scrive Il Fatto Quotidiano: "brutta scelta: quel patrimonio è costruito grazie a generose esenzioni fiscali dovute al vincolo di mettere a riserva almeno il 70% degli utili delle BCC; quei soldi sono dei soci, servono agli scopi mutualistici e territoriali delle banche e sono stati pagati nei fatti da tutti i contribuenti: darli a una S.p.a. dietro pagamento del 20% è una privatizzazione di un bene comune".
Io capisco che a Matteo di tutti questi lacci e lacciuoli non importi un fico ma, insomma, anche se non serve più a niente una Costituzione questo disastrato Paese ancora ce l'ha. Ora, dentro questa Costituzione, c'è anche l'art. 45 (ancora non abrogato dalla riforma Boschi. Ma a lei, si sa, le disposizioni che hanno a che fare con le banche non interessano): "la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità". Vietare a soggetti cooperativi autonomi di svolgere attività bancaria e soprattutto permettere una trasformazione eterogenea senza obbligo di devoluzione delle riserve ad altri enti mutualistici non pare proprio in linea con una siffatta disposizione.
Gli Istituti se la sono leggermente presa.
Parentesi: la norma sembra scritta apposta per due o tre BCC che proprio non ne volevano sapere di questa pseudo-fusione.
Due di queste (cui io, per ovvi motivi geografici, sono assai interessato) sono in Toscana. Una è la Banca di Credito Cooperativo di Cambiano (leader fra le BCC che formano il Gruppo Cabel), l'altra è Chianti Banca (che NON ha 200 milioni di riserve,ma HA 200 milioni di patrimonio...).
La BCC di Cambiano ha sede a Empoli, ha tra i suoi dirigenti il padre del sottosegretario Lotti e come presidente Paolo Regini (già sindaco DS di Castelfiorentino e marito di una senatrice PD), ha fatto da "banca d' appoggio" a Renzi per il fund raising necessario alla campagna per le primarie del 2012 (v. il citato art. del Fatto Quotidiano). Chianti Banca è di Empoli ed ultimamente ha fatto acquisizioni anche importanti (ivi compresa la Banca di Pistoia e la BCC Area Pratese), tra cui spicca quella del Credito Cooperativo Fiorentino di verdiniana memoria. Non ho motivo di dubitare della bontà di queste operazioni dal punto di vista industriale, né delle modalità di erogazione del credito da parte di incorporante e incorporate. Vista però la situazione economica della Toscana, e i lazzi di Mps, qualche sospetto viene.
Non è poi un caso che, un po' di tempo fa, paresse all'ordine del giorno addirittura una fusione tra i due gruppi. Come non è un caso che, quasi sicuramente, a presiedere Chianti Banca arrivi, in primavera, un altro asso del renzismo senza limitismo, Lorenzo Bini Smaghi.
Fine del gossip.
Andiamo avanti con l'analisi del decreto legge.
La Capogruppo avrà compiti di direzione e coordinamento (artt. 2497 e ss., c.c.) sulle BCC in base ad accordi contrattuali chiamati "contratti di coesione", i quali indicheranno i poteri della capogruppo sulla singola banca (più o meno stringenti a seconda del grado di rischiosità della singola banca misurato sulla base di parametri "oggettivamente individuati").
La maggioranza del capitale della capogruppo è detenuto dalle BCC del gruppo. Ma il resto del capitale potrà essere detenuto non soltanto da soggetti in qualche modo analoghi (p.e. gruppi cooperativi europei, o fondazioni), ma anche da soggetti che con la cooperazione non hanno alcun rapporto. Non solo: il decreto aumento sia il numero minimo di soci, sia il limite massimo dell’investimento in azioni di una banca di credito cooperativo. Anche la capogruppo potrà sottoscrivere azioni di finanziamento (art. 2526, c.c.).
Ora, a me pare che queste norme passano annacquare in modo significativo il carattere cooperativo delle BCC. Certo, è assai probabile che l'intero capitale della holding sia, in un primo momento, sottoscritto dalle Banche di Credito Cooperativo; ma in caso di necessità di futuri aumenti di capitale, cosa succederà? L'obbligo per le Banche cooperative di detenerne la maggioranza, reggerà? Siamo sull'orlo di una crisi sistemica: siamo sicuri che fosse il momento giusto per una riforma così concepita? Siamo sicuri che, invece di rafforzare il credito cooperativo, norme di questo genere non finiscano per indebolirlo mediante un'oggettiva apertura ai mercati di soggetti che finora, nel bene o nel male, ne sono rimasti ai margini?
A Matteo non importa, tanto lui sicuramente non ci sarà. (Magari ci sarà la Troika, ma questo è un altro discorso. A proposito, visto che i TG non vi dicono nulla, guardate che sta succedendo in Grecia). Resterà, forse, la sua banchina toscana (che, probabilmente, comprerà anche qualche pezzettino di Banca Etruria, così Maria Elena è contenta, oltre a un bel po' di sportelli - o azioni - a prezzi di saldo di Montepaschi).

Ma non finisce qui.
Il decreto legge - che regolamenta anche la GACS - è pieno di chicchine ulteriori (anche se su questo c'è dibattito: secondo alcuni sono cetrioli, secondo altri uccelli paduli).
Ma come?, direte voi. Non bastava una cazzata alla volta? Evidentemente no.
Ormai è universalmente noto che uno dei problemi maggiori delle nostre banche è quello delle enormi sofferenze accumulate. Per cercare di risolverlo, visto che la bad bank l'Europa non ce la fa fare, si è allora pensato, tra l'altro, di velocizzare le procedure di recupero tramite vendita delle garanzie.
Tradotto in altri termini: si è pensato di espropriare più velocemente i debitori. Di questo, va da sé, l'UE è estasiata.
In concreto, nel caso di vendita di immobili in esito a procedure esecutive (aste giudiziarie), l’imposta di registro dovuta per il passaggio di proprietà non è più pari al 9%, bensì fissata in misura fissa (200 Euro). Bella porcata. Sì, ma non è tutto. "L'agevolazione è fruibile a condizione che l'immobile sia rivenduto nei due anni successivi", cioè è fruibile soltanto se l'acquisto all'asta avviene per chiari fini speculativi.
Perché? Boh, forse perché l'idea che a godere delle disgrazie del pignorato fosse una normale famiglia, che deve comprarsi casa, pareva troppo poco calvinista; molto meglio crogiolarsi nel pensiero che a fare affari sulla pelle di persone in difficoltà sia qualche simpatico affarista. O forse, più prosaicamente ma anche più ragionevolmente, perché la norma suppone che la procedura esecutiva si concluda con l'acquisto della garanzia da parte della stessa banca, che così libera la sofferenza, acquisisce un cespite, lo valorizza, e in capo a un par d'anni lo rivende.
A chi non ci crede, consiglio di andare a vedere cosa sta facendo Intesa...

P.S.: A proposito dell'idea che le BCC "renziane" possano interessare a Banca Etruria e a Montepaschi, segnalo questo simpatico articolo:

Nessun commento:

Posta un commento