Ora basta. Nel momento della necessità ci siamo stretti attorno alle Istituzioni, per aiutare - nei limiti del possibile - ospedali sull'orlo del collasso e medici cui lo Stato ha saputo dare grandi pacche sulle spalle, ma non camici e mascherine abbiamo accettato due mesi di quarantena. Ma ora, di fronte ad una sempre più penetrante compressione delle libertà costituzionali, di circolazione, di culto, di impresa, di parola, cui si aggiunge una progressiva estromissione del Parlamento dalla funzione legislativa ed una frantumazione di quella di indirizzo dal governo in una congerie di organismi extra ordinem, il più delle volte rivestiti di nomignoli stranieri, non si può più stare a guardare.
Non voglio ripercorrere qui tutte le forzature all'assetto costituzionale che questo esecutivo, spesso addirittura attraverso atti amministrativi, si è concesso a causa, o con l'occasione, dell'epidemia di Coronavirus, poiché c'è stato chi lo ha fatto prima e assai meglio di me (giudici costituzionali, giuristi, magistrati e avvocati); voglio soltanto rimarcare un punto che è, a mio avviso, particolarmente significativo, perché dà ragione del percorso che ha reso possibile questa deriva e rappresenta uno dei semi avvelenati che potrebbero ulteriormente germogliare in futuro: il rappprto fra libertà di circolazione di cui all'art. 16, Cost. (e, più in generale, libertà personale ex art. 13, Cost.) e tutela della salute (art. 32, Cost.).
In passato, infatti, la dottrina compatta ha riscontrato nell'art. 13, Cost. il primo (e non solo per posizione) dei diritti fondamentali della persona, e nell'art 16, Cost. una sua particolare declinazione, giungendo pertanto a limitare rigorosamente le accettabili "limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità". Secondo Mortati, "occorrono... delle precisazioni circa l'ambito da assegnare alla norma: ciò che porta a distinguere le ipotesi di malattie lesive solo della sanità di chi ne è colpito da quelle relative a morbi infettivi o contagiosi. Se le prime non consentono interventi coattivi..., le seconde invece non potrebbero in nessun caso rimanere ad essi sottratti". Il che significa - tralasciando il richiamo fermo del costituente al necessario intervento giurisdizionale a tutela del singolo - che le limitazioni cui fa riferimento la Carta sono quelle che riguardano il singolo malato (o una comunità di malati) e non la generalità delle persone sane. Non a caso ormai da due mesi utilizziamo a sproposito il termine "quarantena" e ci prepariamo, nella più completa tranquillità pare, a vedere la nostra privacy travolta da un generalizzato braccialetto elettronico sottoforma di app.
Da dove deriva dunque questo cambio di rotta?
Evidentemente da quell'ingenuo scientismo positivistico che ha fatto facilmente breccia non solo nel senso comune, ma anche nell'elaborazione giuridica, secondo il quale le magnifiche sorti e progressive della medicina potrebbero (dovrebbero?) non solo ritardare quasi indefinitamente la morte (attraverso il farmaco), ma addirittura prevenire la malattia (attraverso la moderna pozione magica, somministrata sottoforma di vaccino).
Si tratta del ribaltamento dei valori proprio dell'ideologia vaccinale dell'immunità di gregge: lo Stato non ritiene più di dover tutelare le persone fragili, per esempio perché anziane, attraverso politiche attive saldamente ancorate ai diritti costituzionalmente garantiti (per dire, abbassando l'età per la pensione di vecchiaia, così da evitare agli ultrasessantenni di stare a continuo contatto con una grande quantità di persone), bensì conculcando le libertà (i diritti fondamentali!) dei sani, il gregge che - in quanto astrattamente passibile di malattia - è perciò stesso immediatamente considerato malato, ove non sia intervenuta a monte la panacea in una siringa. O anche solo conculcando i diritti fondamentali di chi si ritiene di voler proteggere: perché l'idea demente di obbligare a un'ulteriore quaratena forzosa gli ultrasettantenni stride in maniera sorprendente con il diritto (individuale) negativo alla salute.
Questo percorso è chiarissimo nella sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Lorenzin, secondo cui l'obbligatorietà dei trattamenti vaccinali (con le conseguenti sanzioni draconiane previste) è giustificato dalla "duplice garanzia, sul piano formale, della riserva di legge in materia di trattamenti sanitari imposti e, sul piano sostanziale, del rispetto in tutti i casi dei «limiti imposti dal rispetto della persona umana», a propria volta riflesso del fondamentale principio personalista (art. 2 Cost.)". Senonché l'argomento prova troppo, perché proprio il principio personalistico non permette di espandere il contenuto dei "doveri" oltre un limite tale che svuoterebbe i relativi "diritti" di "quella autonomia da cui traggono la loro caratteristica" (ancora Mortati).
Checché ne dica la Corte, non c'è alcun dovere a essere gregge. Forse è l'ora di tornare uomini.
Buongiorno Signor Fantuzzi,
RispondiEliminami consenta una domanda ingenua. E' possibile che una senteza della Corte modifichi, o rinneghi, una sentenza precedente della Corte stessa? Oppure l'accumulazione di interpretazioni 'in peggio' non puo' che accumlarsi?
In altre parole, ammesso e non concesso un necessario cambio nella composizione della Corte, e' possibile avere in futuro una sentenza che ribalti la decisione attuale sull'obbligo vaccinale (per fare un esempio)?
Ancora grazie per il tempo che dedica alla scrittura del suo blog.
IPB
Certamente, di revirement della Corte Costituzionale ce ne sono stati molti, alcuni "dichiarati" altri meno. Non le so dire quante volte il revirement non sia stato in peius, però!
EliminaE' il caso di dire, mai una gioia!
EliminaIPB