Primo: il numero delle aliquote Iva non può essere aumentato a piacimento dagli Stati, essendovi precise limitazioni di discendenza comunitaria [1] e, comunque, dette aliquote sono collegate al bene ceduto o al servizio prestato (al limite, alle finalità della prestazione avente ad oggetto i beni o i servizi), non certo al metodo di pagamento. D'altronde, l'operazione si considera effettuata con la consegna del bene, mica con la regolazione - eventualmente di molto successiva - del prezzo.
Secondo: dal 1° gennaio 2019 tutte le fatture di vendita sono inviate telematicamente all'Agenzia delle Entrate [2] e lo stesso accadrà dal 1° gennaio 2020 per scontrini e ricevute. Dall'obbligo di invio della fattura elettronica sono esclusi minimi e forfetari, mentre - per quanto attiene i corrispettivi - dovrebbero sfuggire solo tabaccai, giornalai e trasporti pubblici. Anche gli scontrini possono essere "parlanti", cioè essere collegati - tramite codice fiscale - all'acquirente del bene o percettore del servizio. Chiunque frequenti una farmacia lo sa.
Bene, allora posso immaginare che funzionerà così.
Al pagamento di un bene o di un servizio, il cliente finale verserà in ogni caso l'Iva ad aliquota piena. Presumibilmente, questa aliquota sarà ben più alta dell'attuale: in particolare, mi sembrano plausibili le voci che vorrebbero tutta una serie di beni e servizi, attualmente ad aliquota ridotta del 10%, portati al 22% (o anche un po' più su, magari).
Lo Stato, però, si impegnerà a "restituire" a chi paga con mezzi elettronici una parte dell'imposta sottoforma di credito da scomputare dall'Irpef nella successiva dichiarazione dei redditi (come detto, aliquote differenziate non sono pensabili).Ultima genialata grillina: aumentare subito IVA alberghi e ristoranti da 10 a 23%! Chi paga con carte o bancomat viene rimborsato l'anno dopo sotto forma di credito d'imposta. Se vogliono affossare turismo e fare un regalo alle banche sono su buona strada!https://t.co/zzIwazIv1U— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) September 12, 2019
Va da sé che - soprattutto per quanto attiene il settore turistico - l'Iva "in più" pagata da consumatori non italiani resterà nelle casse dello Stato. Ma questo è il meno. La questione vera, la "ciccia", è tutta un'altra.
Riflettete un attimo: è impensabile che - per recuperare il credito di imposta nel proprio 730, le persone tengano migliaia di scontrini da parte per un anno e mezzo e - per chi non va al CAF - si facciano pure i conti del rimborso cui hanno diritto, magari distinguendo anche per aliquota Iva. Soluzione: si renderanno "parlanti" tutti gli scontrini, e il conto lo farà direttamente l'Agenzia, tramite certificazione spiattellata calda calda nel cassetto fiscale di ognuno.
Primo obiettivo raggiunto: con la scusa di rendere al cittadino una parte dell'Iva (sono facile profeta a prevedere che il credito di imposta corrisponderà a una quota parte della percentuale di incremento delle aliquote attuali) l'Agenzia delle Entrate avrà la mappa completa degli acquisti di ciascuno, sia in termini di valore degli stessi, sia in termini di composizione merceologica.
Una miniera di dati per chiunque voglia costruire un più efficiente ed affidabile redditometro (oltre che per chiunque... ecc.). Gli accertamenti sintetici nei confronti di dipendenti e pensionati diventeranno assai più comuni di quanto accade oggi, my two cents.
Ma non finisce mica (qui) il cielo.
Resta infatti inevaso un altro grave problema: la grancassa della propaganda ha già emanato la propria velina, secondo cui tutto questo sistema dovrebbe servire a reprimere - tramite limitazione del contante - l'evasione fiscale. Non a caso questa proposta si affianca all'altra, ugualmente illuminata, di tassare i prelievi di contante ai Bancomat.
Ora, fama traditur che, in Italia, i massimi evasori siano i muratori, gli idraulici, i professionisti in genere (e se non ci accorgiamo di quanto rubino è solo per la responsabilità fiscale dei colossi del web, che con le loro ingenti tasse versate dai quartier generali olandesi e irlandesi ripianano il buco), cioè quelle categorie che, più di tutte, si giovano del regime dei forfettari, di cui un punto cardine è proprio il mancato riaddebito dell'Iva in fattura. Ma senza riaddebito niente aliquote differenziate, e allora addio efficacia del sistema.Mia personale classifica su bislacche idee sul fisco di qs giorni.— Dario Stevanato (@d_stevanato) September 12, 2019
Terzo posto:credito d’imposta sui consumi,variante del contrastodiinteressi.
Medaglia d’argento a patrimoniale sui prelievi bancomat.
Ma primo premio va ad aliquota Iva differenziata in base al tipo di pagamento
Ecco allora profilarsi il secondo obiettivo: né più né meno l'abolizione a tendere del regime dei forfettari, perché inconciliabile col nuovo sistema di riaccredito dell'Iva in funzione di scoraggiamento dell'utilizzo del contante a fini di lotta all'evasione.
Sono lì da una settimana e già sbaraccano tutto. O forse no, sono lì da molto più tempo.
Ah, la prossima volta parliamo di merendine.
[1] Cfr. Dir. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, Titolo VIII, Capo 2.
[2] Cfr. D. Lgs. 05/08/2015, n. 127, come mod. art. 1, cc. 909 ss., L. 27/12/2017, n. 205 (tutta la documentazione rilevante reperibile qui).
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