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giovedì 15 giugno 2017

No allo ius soli

La questione della cittadinanza ha, per quanto mi riguarda, una sua importanza anche affettiva: da giovane studente del primo anno di giurisprudenza, mi fu affidata proprio sulla (allora) recente riforma una breve tesina. Testo non indimenticabile, ma per me ovviamente importante. In effetti, l'acquisto e la perdita della cittadinanza italiana sono regolati dalla L. n. 91 del 1992, come specificata da due regolamenti di esecuzione, uno del 1993 e uno del 1994. La Legge la potete trovare qui, ma un ottimo sunto è presente anche sul sito della Farnesina.
In linea di massima, sono italiani coloro il cui padre o madre hanno cittadinanza italiana: si tratta del c.d. ius sanguinis, già presente nella legge previgente (giolittiana, poi rivista in epoca fascista). Il principio è talmente fondante che acquistano di diritto la cittadinanza italiana anche coloro che, pur nati all'estero, possano dimostrare di possedere un avo italiano (purché questo, o i suoi discendenti, non abbiano rinunciato al passaporto del nostro Paese).
Stabilito il criterio di fondo, vi sono poi una serie significativa di eccezioni. Queste sono le principali: (i) i casi di applicazione dell'opposto principio dello ius soli, in particolare ai bambino con genitori sconosciuti o apolidi; (ii) il matrimonio o l'unione civile con cittadino italiano, decorso un determinato periodo di tempo (a seconda che la famiglia sia stabilita in Italia o all'estero, ovvero che ci siano o meno figli), salvi specifici motivi ostativi (essenzialmente condanne penali a reati di una certa gravità); (iii) la residenza in Italia per un periodo continuativo di 10 anni (3 anni per lo straniero nato in Italia e ivi residente; 4 per il cittadino comunitario) o l'aver prestato anche all'estero servizio per lo Stato italiano per almeno 5 anni; (iv) leggi speciali, a favore dei residenti a Fiume, in Istria e Dalmazia, nella zona B di Trieste, ecc..
Il minore straniero, in generale, acquista la cittadinanza qualora l'acquistino i suoi genitori. Così diviene cittadino italiano il minore straniero adottato da una famiglia con un coniuge italiano, o riconosciuto figlio di un cittadino italiano a mezzo di sentenza giudiziale, o ancora il cui padre o la cui madre siano naturalizzati italiani. Ma non solo: ai sensi dell'art. 4, c. 2, L. n. 91 del 1992, "lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data".
Una legge equilibrata, che da un lato riconosce la specificità della Nazione italiana, una d'arme, di lingua, di altare, dall'altro prende atto della necessaria apertura all'altro da sé, nei casi in cui siffatta scelta sia ragionevolmente fondata. Soprattutto, già prevede di dare la cittadinanza a chi è nato in Italia e vi ha risieduto fino alla maggiore età.
Per questo, certe prese di posizioni appaiono, francamente, mere forzature pre-elettorali.
Ma questo è il solo punto di arrivo. E, tutto sommato, se anche vi fosse uno stop (cosa di cui dubito), per il PD non sarebbe un grosso problema. Sì perché, come al solito, come per esempio successo con il TTIP e il CETA, i giornali e l'opinione pubblica si concentrano sul bersaglio grosso ed ignorano colpevolmente quello più piccolo, ma forse per questo più pericoloso. Si tratta della Legge 7 aprile 2017, n. 47, recante "Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati".
Cosa dice questa legge?
Molto in breve, che i "minori stranieri non accompagnati" (cioè tutti gli infra-diciottenni non aventi cittadinanza italiana o dell'UE che si trovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato - quindi anche in quanto clandestini - privi di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili) non possono essere respinti alla frontiera né, successivamente, espulsi, salvo apposito provvedimento del Tribunale per i minorenni e "a condizione comunque che il provvedimento stesso non comporti un rischio di danni gravi per il minore”.
Con due punti molto discutibili.
Primo: che l'età è accertata in via principale attraverso un documento anagrafico (che, evidentemente, non c'è mai), quindi, eventualmente, mediante complicatissimi accertamenti sanitari (su richiesta della Procura della Repubblica, previa informativa al diretto interessato in lingua a lui nota, con l'ausilio del Mediatore culturale), infine per presunzione.
Per presunzione, cioè sulla parola di robusti giovanotti che dimostrano tranquillamente venticinque anni, ma ne dichiarano diciassette e mezzo. Cosa che ovviamente, alla lunga, finirà per ritorcersi contro i più indifesi, cioè i veri bambini giunti in Italia e abbandonati.


Secondo: il permesso di soggiorno per minore età nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, indipendentemente dalle modalità del loro arrivo, si converte quasi automaticamente in un comune permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età.
Il che, poi, porta a un ulteriore problema.
Ferme restando le condizioni previste dalla legge in materia di reddito minimo e di possesso di un alloggio, in linea di principio la normativa italiana prevede l’ingresso nel nostro Paese a fini di ricongiungimento dei familiari di cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Arrivo come clandestino diciottenne.
Compio diciotto anni e ricevo un permesso di soggiorno ad esempio per lavoro.
Chiamo tutta la famiglia in Italia.
Fine della storia.
In una situazione come questa - così diversa, ad esempio, dagli Stati Uniti, dove il principio dello ius soli da un lato di inserisce nel quadro di una popolazione geneticamente multiculturale, che non possiede le peculiarità storiche, linguistiche, religiose delle Nazioni europee, e che comunque è temperata da una normativa strettissima in materia di immigrazione - la legge in approvazione al Senato è assolutamente deleteria.
Vediamo il testo.
Ai sensi dell'art. 1, "è cittadino per nascita... chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 [cioè coloro che hanno da almeno 5 anni il permesso di soggiorno in Italia, N.d.R.]", su richiesta di uno dei genitori entro la maggiore età del bambino o di quest'ultimo, entro due anni dalla raggiunta maggiore età.
Ma non basta. "Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo...".
Cioè, chiunque.
Ancora. "La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno... allo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale con il conseguimento di una qualifica professionale".
Ovviamente, per rendere il tutto ancora più facile, si considera residente anche chi ha trascorso all'estero fino a 90 giorni annui medi su 3 anni, e non più di 6 mesi in un anno.
Regole stringentissime...
Da queste disposizioni possiamo trarre alcune considerazioni. La prima: che Gentiloni, col suo fare flemmatico, con la sua condiscendenza a non apparire troppo in TV e non strombazzare le proprie idee ai quattro venti (al contrario del Bulletto di Rignano), sta facendo quasi più danni del triennio Renzi a Palazzo Chigi. L'approvazione a colpi di fiducia di una vergognosa riforma del diritto e del processo penale ne è un esempio lampante.
Lo ius soli è in questo senso uno snodo fondamentale.
La seconda: che - qualora la legge sia approvata - qualsiasi partito appena decente deve immediatamente impegnarsi a raccogliere firme per l'abrogazione referendaria delle nuove norme (lasciando magari vigente il caso del bambino nato in Italia da stranieri con regolare permesso di soggiorno) e/o inserire nel proprio programma elettorale la loro cancellazione una volta insediato il nuovo Parlamento.
Oppure ci lasciamo tranquillamente assimilare e del nostro retaggio non rimarrà nulla.

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