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martedì 17 maggio 2016

Brexit

I giornali sono meravigliosi.
Prendiamo la Brexit. Ti fermi ai titoli oppure alle prime venti righe dell'articolo (anche perché, se continui, rischi gravi disfunzioni epatiche) e ti fai l'idea che, se la Gran Bretagna esce dall'Unione Europea (o dall'Euro, se sei presidente del consiglio), arriveranno le sette piaghe di Albione: crisi economica, cancro e il risveglio di Godzilla.
Alcuni pacati editoriali:
Ovviamente, il problema maggiore tra quelli di cui sopra è quello dei calciatori. Abramovich e gli sceicchi del Manchester City sono allarmatissimi.
Anche i politici hanno mostrato grande onestà intellettuale.
Poi c'è la questione voli low cost, le cui tariffe - in caso Brexit - potrebbero allo stesso tempo aumentare, o diminuire, o aumentare in futuro. Conseguenza, ovviamente, l'apertura di un buco spazio-temporale che risucchierebbe la terra.

Il lettore medio si prende paura e si schiera compatto con la finanza continentale (soprattutto se è moderato), quello un po' più scafato resta basito da tanta cialtroneria, ma finisce lì.

Poi però a volte capita di leggere qualche altra riga e allora la verità, almeno qualche brandello di verità, viene fuori. Sì, perché la verità è come l'acqua: puoi cercare di canalizzarla, di impermeabilizzare, ma poi quella una crepa, un passaggio li trova sempre, e ti ritrovi daccapo, con la sorgente che testarda zampilla. Non potest civitas abscondi supra montem posita, neque accendunt lucernam et ponunt eam sub modio.
In una lunga intervista di Italia Oggi, ci dice Massimiliano Danusso, partner di Bonelli Erede, che "la questione più importante è... legata al problema della libertà di stabilimento, considerato che i cittadini UE potrebbero, quanto meno momentaneamente, dover richiedere e ottenere permessi di lavoro e visti per potersi trasferire e lavorare nel Regno Unito...".
Ma senti.
Dunque le multinazionali con base a Londra - per pura filantropia e amicalità anglosassone: le basse imposte sulle società sono un dettaglio - sono preoccupate in particolare di non poter fare scouting a prezzo di saldo in mezza Europa (indovinate quale metà), questione che (legittimamente) esse si pongono, ma che, al britannico medio, credo importi il giusto.
Non solo.
"Importanti ricadute sono attese anche sul fronte del diritto finanziario", ivi compreso "il tema dell'impatto che Brexit porterebbe sulla normativa approvata di recente in materia di resolution bancaria [che sarebbe il bail-in: N.d.R.], dato che gli istituti inglesi non sarebbero più soggetti a quella normativa con significativo vantaggio competitivo sui concorrenti europei".
Ma... ma... ma... Come... come... come...? ((c) del "bocconiano pentito" Fabio Dragoni)
Quindi il bail-in penalizza gli istituti che lo applicano? Ma davvero? E io che ricordavo che invece doveva stabilizzare i sistemi finanziari.
E invece pare proprio che il problema della Brexit - dal punto di vista finanziario - sia più un problema per chi resta, piuttosto che per chi se ne va.
Ma non finisce qui.
In mezzo alla solita teoria di "impatti regolatori", "difficoltà nella libera circolazione degli avvocati", perdita di centralità nei lodi arbitrali di contratti internazionali (cosa che mi sembra probabile: per esempio, le cause relative ai prossimi derivati OTC saranno tutte deferite a giudici del Bozambo), conseguenze negative sul mercato azionario, la valuta e la futura crescita economica tutto insieme (questo lo deve aver detto un legale ancora fautore del gold standard, presumo), e così via sclerando, ecco che viene fuori un terzo tema piuttosto serio.
"Al di là del tema del referendum, i rischi sono legati all'effetto a catena che si potrebbe generare nel Vecchio Continente. I rischi sono grandi per il nostro Paese nel caso in cui fosse il primo passo verso il disgregamento dell'Unione, commenta Dante De Benedetti, partner di MDBA". Il quale - dopo questa considerazione un tantino poco democratica (perché, parliamoci chiaro, il significato recondito è che la Brexit è pericolosa perché potrebbe far vedere agli altri schiavi, ancora un po'  tenuti a freno dallo schiacciamento della Grecia la scorsa estate, che invece liberarsi è possibile) - ha comunque un sussulto di sincerità: "l'eventuale scioglimento della UE, infatti, potrebbe portare a situazione difficili da gestire... Nell'ipotesi in cui la fine della UE portasse invece a un rilancio dell'economia... le conseguente potrebbero essere virtuose, portando a... una ripresa degli investimenti dei fondi di private equity per la rinnovata liquidità".
Bontà sua.

Ricapitoliamo.
Ecco i terribili danni alla Perfida Albione della Brexit: minor competizione sul mercato del lavoro (cioè stipendi più alti); maggior competitività delle banche inglesi sul mercato finanziario (solo molto parzialmente compensato da un probabile reflusso di alcune SGR verso il Lussemburgo); possibile ripresa economica.
Piaghe bibliche proprio.
Poi, in ultimo ma non da ultimo (si parla di Gran Bretagna, d'altronde), c'è il punto focale, che è un punto (non economico, bensì) tutto politico.
Chi sta fuori, comanda il gioco: verso l'Europa, ma soprattutto oltre l'Europa (ogni riferimento al TTIP non è assolutamente casuale).
Matteo NON vuole uscire.

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