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lunedì 11 gennaio 2016

Critica all'eredità di cittadinanza

Pagina99, da poco tornato nelle edicole e sul web in forma di settimanale (grazie a Sator di Matteo Arpe, che ne è il nuovo proprietario), lo scorso 4 gennaio ha lanciato una proposta davvero dirompente. Sul sito, infatti, si legge:
"Gli italiani si presentano al via con eredità molto diverse. Da 418 euro di debito a 213 mila di ricchezza... Una disuguaglianza che è ben più forte di quelle che riguardano il reddito e le condizioni di vita, e soprattutto non ha niente a che vedere con merito e capacità. Adesso un economista e grande studioso delle disuguaglianze, Tony Atkinson, avanza una proposta radicale: istituire un’eredità minima per tutti, da percepire al compimento dei diciotto anni. Insieme a un reddito minimo e a una serie di altre misure per combattere davvero la disuguaglianza. Che è cresciuta insieme alla povertà, colpendo soprattutto le famiglie con più figli minori...".
Dunque, non più solo il "reddito di cittadinanza", ma anche una "eredità di cittadinanza", che nelle teorie di Atkinson si sposa, manco a dirlo, con un inasprimento di quella particolare forma di "tassa patrimoniale" che è la "tassa sulle successioni e donazioni" (dice l'economista: "io propongo una nuova forma di trasferimento di ricchezza per via fiscale, basata sull'importo ricevuto nel corso della vita di ciascuno sotto forma di lasciti e doni. Tale imposta potrebbe contribuire a... «livellare il campo di gioco», soprattutto se il gettito della tassa... fosse usato per finanziare un patrimonio minimo per tutti al raggiungimento dei 18 anni". Nuova si fa per dire, visto che una tassa sulle successioni progressiva e per coacervo è esistita in Italia fino al 2001).
Le teorie di Atkinson sono ovviamente assai più complesse di quelle esposte in una semplice intervista (il suo ultimo libro sulla disuguaglianza lo trovate qui, ma il sullodato professore della London School of Economics si interessa della materia da quella quarantina d'anni... Avete presente l'Atkinson Index?). Tuttavia, qualcosa mi sento di dirla anche a partire da queste poche righe.
In primo luogo, resto sempre un po' perplesso quando un economista, sé dicente di sinistra, propone le stesse ricette di Milton Friedman. D'altronde, si tratta di un comportamento molto diffuso anche in Italia, come ben ha fatto notare il prof. Bagnai in più occasioni (per esempio qui); dal punto di vista antropologico, dunque, possiamo placidamente concludere che tutto il mondo è paese, ma dal punto di vista politico forse un po' di puzza di bruciato è il caso di sentirla.
Secondo. A che cosa servirebbe questo fantomatico "reddito di cittadinanza"? Atkinson lo dice solo di sponda: "ma la disuguaglianza non si riduce soltanto con tasse e maggiori spese... Ciò significa in primo luogo fronteggiare il problema della disoccupazione e dare alla riduzione della disoccupazione la stessa priorità del controllo dell'inflazione. Il lavoro, d'altronde, è solo una parte della storia. Anche il livello delle retribuzioni è importante. Nell'UE, solo circa dei disoccupati che trovano un lavoro ricevono uno stipendio che permetta loro di assicurare ai propri familiari un tenore di vita al di sopra della soglia di povertà. La povertà tra i lavoratori è il problema maggiore". Invece, Il Pedante è più chiaro: "in quanto al reddito di cittadinanza, versare un'elemosina di sopravvivenza ai disoccupati senza impiegarli consentirebbe di salvaguardare l'ordine sociale mantenendo al contempo alta la disoccupazione, cioè quell'esercito industriale di riserva che garantisce la disponibilità di lavoro a basso costo e a bassi diritti. Il vero capolavoro è che questa soluzione, a beneficio di pochissimi, sarebbe in carico alla fiscalità generale cioè ai "privilegiati" che, avendo un reddito da lavoro, dovrebbero cederne una parte per finanziare un meccanismo infallibilmente destinato a comprimere i loro stipendi...".
In altri termini: invocare un reddito di cittadinanza per finanziare una specie di elemosina di Stato a chi è disoccupato o occupato con stipendi da schiavismo, significa non voler in alcun modo mettere in dubbio i fondamentali del sistema che produce questi disoccupati e questi sotto-occupati. Anche il discorso di Atkinson, molto meditato e raffinato, finisce per dover essere letto a contrario: "certo, lo sono che sarebbe meglio avere piena occupazione e stipendi più alti, o servizi pubblici che funzionano; però, visto che le cose non stanno così, e non staranno mai così a causa della signora TINA, almeno diamo a questa massa di persone qualcosa per sbarcare il lunario" e potersi tranquillamente comprare auto, cellulare e vacanze al mare tutto a rate.
Siccome tutto si tiene, si tratta di quella che Bruno De Giusti, in un mitologico post, ha definito "rumenizzazione" del sistema economico-sociale: "non è che saremo senza pane e senza lavoro o reddito; il lavoro lo avremo, guadagneremo l’equivalente di 250-300 euro netti di oggi; con 100 euro pagheremo l’affitto della casa e col resto i prodotti che Sua Maestà il TTIP... ci metterà a disposizione...; il premio per l’assicurazione sanitaria sarà pagato dall'Azienda (con la A maiuscola in quanto archetipo della Mamma che provvede al Tutto) e conferito al fondo privato...; per le spese più significative avremo credito a costi altrettanto competitivi, tanto il rischio-insolvenza non esisterà più perché i tassi saranno a zero e se muori tu, il debito lo ripagheranno – in comode rate – i tuoi figli e nipoti. Avremo anche l’auto – rigorosamente tedesca – perché ci sarà messa gentilmente a disposizione come benefit... dall'azienda in cui lavoreremo". Ora, tutto questo funziona se le persone cessano di avere un proprio patrimonio e De Giusti infatti cita il tentativo di azzerare il risparmio mobiliare (grazie, primus inter pares, anche al bail-in, oltre che alle disposizioni che, cercando di azzera il contante, permetteranno alle banche di imporre ai correntisti tassi negativi su tutti i depositi) e immobiliare (IMU e TASI); il buon Atkinson, forse senza rendersene conto, va proprio alla fonte, semplicemente proponendo l'esproprio di buona parte delle ricchezze familiari.
Se infatti un simpatico giovine ha una casetta di proprietà dove vivere, e magari anche una in città o al mare da affittare, oppure due genitori che lo possono aiutare con quel po' di risparmi messi da parte (tanto loro hanno la pensione), è possibile che non accetti di lavorare chissà dove per chissà chi per chissà quale misero stipendio. Lo diceva la buona Irene Tinagli che, se uno ha la casa di proprietà, poi si sposta più difficilmente per mille mila chilometri in Europa, alla ricerca di uno straccio di lavoro (lei, poverina, ancora non lo sapeva, a quel tempo, che presto i suoi amici del Nord Europa avrebbero chiuso Schengen).
Non solo. Le patrimoniali, in qualunque forma si presentino, sono un toccasana per trasferire ricchezza dai privati allo Stato e, per quella via, dallo Stato ai creditori dello Stato medesimo. Che poi sono altri privati (leggi:banche, spesso straniere). Per capire dove si va a parare, bastano i tweet qui sotto (ed il relativo link).
Ecco cosa ci dice la Bundesbank (a gennaio 20141!), noto covo bolscevico votato alla difesa della vedova e dell'orfano.
"Nel corso della crisi del debito sovrano, di tanto in tanto sono sorti forti dubbi sul fatto se i singoli paesi membri della zona euro siano in grado di servire il debito pubblico o se stiano attuando le misure necessarie a livello politico... Questa situazione ha indotto l'area dell'euro a concordare varie misure di assistenza. Benché tali misure siano generalmente soggette a requisiti di consolidamento, esse tuttavia comportano una sostanziale mutualizzazione dei rischi di insolvenza degli stati senza essere controbilanciate da un corrispondente trasferimento di poteri sovrani a livello centrale".
Traduzione: nel 2011 l'innalzamento violento degli spread ha permesso di controllare via Troika alcuni Paesi, ma - ahimé - ancora brandelli di democrazia residuano a livello di Stato nazionale. Questo è un male, perché non permette ancora di prendere proprio tutte tutte le decisioni là dove siamo al riparo dal famoso processo elettorale.
"...In questo quadro gli stessi Stati membri sono in primo luogo responsabili delle proprie politiche fiscali ed economiche nazionali, l'assunzione di responsabilità per i debiti di altri Stati membri è in gran parte esclusa, ed è vietato il finanziamento dei governi attraverso la politica monetaria unica. Ciò dovrebbe garantire che la responsabilità ed il controllo siano tra loro collegati, in quanto, in prima istanza, sono i contribuenti dei rispettivi Stati membri che hanno la responsabilità del loro debito sovrano nazionale... Programmi di aggiustamento economico finanziati dai contribuenti di altri Stati membri devono essere utilizzati solo come eccezione... Visto il mandato per la stabilità dell'Eurosistema, assicurare un alleggerimento (reale) del debito attraverso una maggiore inflazione dovrebbe essere fuori discussione...".
Traduzione: ribadiamo che la BCE, di cui è nota l'indipendenza (anche per chi l'inglese lo fischia), deve continuare a garantire una situazione di bassissima inflazione, punto e basta: se no le nostre amatissime imprese finanziarie, che già traballano così come stiamo, dopo come fanno? I Paesi con alto debito se la vedano loro, rendano tutto quello che devono in moneta non svalutata, e zitti. Siamo o non siamo un'Unione?
"...Stando così le cose, sembrerebbe sensato in primo luogo abbattere il debito pubblico mobilitando le attività di proprietà pubblica attraverso misure di privatizzazione. Ma oltre a questo, ci si può anche chiedere se, in una situazione eccezionale di emergenza nazionale, le privatizzazioni e le misure di risanamento convenzionali finalizzate alla realizzazione a lungo termine di avanzi primari consistenti dovrebbero essere integrate da un contributo da parte di attività private già esistenti, allo scopo di scongiurare la minaccia di un default sovrano... Avendo in mente questo particolare contesto, questa scheda descrive i vari aspetti di un prelievo una tantum sulla ricchezza netta privata interna, in altre parole, un prelievo sulle attività al netto delle passività. Dal punto di vista macroeconomico, un'imposta patrimoniale una tantum - e ancor di più un'imposta permanente sulla ricchezza - è in linea di principio fonte di considerevoli problemi... Nella situazione eccezionale di un possibile default sovrano, però, un'imposta patrimoniale una tantum potrebbe rivelarsi più favorevole rispetto alle altre alternative disponibili... In condizioni favorevoli, un prelievo sulla ricchezza netta potrebbe portare a una redistribuzione di ricchezza una tantum dal settore privato al settore pubblico all'interno del paese in questione, facilitando in tal modo una diminuzione relativamente rapida e significativa del livello del debito sovrano e il ripristino più rapido della fiducia sulla sostenibilità del debito pubblico...".
Traduzione: l'avete capito o non l'avete che ci avete a ridare i soldi che abbiamo prestato a pene di segugio in tutti questi anni? Vendete tutto, possibilmente a qualche partecipata pubblica tedesca (a noi le privatizzazioni ci piacciono così), e poi se non basta ciucciate anche le proprietà dei vostri sudd... ehm cittadini.
E poi, ecco il coup de théâtre: "il pubblico consenso e la fattibilità politica di un'imposta patrimoniale una tantum potrebbero essere rafforzate presentandola come uno strumento di redistribuzione del reddito, che vale a integrare gli sforzi di austerità, che assicura che gli individui ricchi si assumano una quota maggiore dell'onere dell'aggiustamento, tanto più che gli specifici effetti redistributivi per un dato volume di prelievo possono essere guidati attraverso la concessione di franchigie fiscali e una modulazione dell'imposta".
Capito? Capito? Dite pure a quei caproni che vi votano che la patrimoniale (o l'imposta di successione) è contro i ricchi, solo tralasciate che, in questo caso, lo Stato Robin Hood prende sì, ma per dare ai più facoltosi. Ecco il famoso "socialismo per ricchi". D'altronde, non è un caso che i grandi magnati siano tutti a favore di imposte patrimoniali, soprattutto quando hanno la residenza in Svizzera. Siccome però va dato onore al merito (siamo o non siamo per la meritocrazia?), meglio di tutti la questione la spiega Una del PD (qui accanto).
Sì, perché, alla fin fine, chi soffre di più di imposte straordinarie come le patrimoniali è la mitica "classe media", fatta da persone che lavorano (e quindi già pagano le tasse) e un po' risparmiano (cioè sono, non speculatori, come si amano dipingere, ma "risparmiatori", cioè persone che dovrebbero essere protette dall'art. 47 della Costituzione: ma chi se ne frega, prima sempre i Trattati!), ma non mettono da parte abbastanza per poter portare in salvo, all'estero, le rispettive sostanze, ovvero per lasciarle sul suolo patrio (gli immobili, ad esempio, si spostano male) ma dandogli una qualche simpatica veste societaria o pseudo-societaria.
Ora, è vero che la proposta di Atkinson prevede un "vincolo" all'utilizzo delle risorse di questa specie di tassa sulle eredità. Ma è anche vero che tale vincolo non solo sarebbe facilmente aggirabile, ma addirittura contrario all'art. 53 della Costituzione che - ahimé - concepisce le imposte come "contribuzione alle spese pubbliche", non sistema unicamente rivolto alla redistribuzione dei redditi fra fasce diverse di popolazione (per di più con questo stucchevole retrogusto di contrasto generazionale, quasi fosse un Saviano qualunque).
Inoltre, Atkinson pare interessarsi molto poco all'utilizzo delle risorse versate ai singoli diciottenni. La sottolinea Dario Stevanato in un suo recente intervento (qui, dove si argomenta anche sulla evidente incostituzionalità della proposta): "se da un lato la mancata apposizione di vincoli all'utilizzo della dotazione patrimoniale la trasformerebbe probabilmente soltanto in una occasione di consumi per il maggiorenne (per viaggi vacanze, per l’acquisto di una chitarra elettrica, di una moto e così via), dall'altra l’apposizione di vincoli sarebbe criticabile per il suo dirigismo paternalistico, oltre a risultare in molti casi velleitaria". Si ritorna al punto di partenza: si impoverisce qualcuno, così non può permettersi di fare lo schizzinoso quando si tratta di lavorare, si "arricchisce" leggermente un altro, così ha quel minimo che basta per pagare le rate di tutto quello che vogliamo vendergli. Ad maiorem gloriam bancarum.
Allora la questione è forse un'altra. Forse la vera "eredità di cittadinanza" dovrebbe essere composta di un welfare funzionante, di un sistema sanitario veramente universale che assicuri la salute a tutti i cittadini, di una scuola pubblica che insegni davvero e permetta l'elevazione morale e materiale anche di chi non si può permettere l'MBA in America, di abitazioni che non rischiano di finire sott'acqua alla prima pioggerellina perché il fiume l'ultima volta l'hanno pulito nel Millequattrocento quasi Millecinque, della ragionevole aspettativa di confrontarsi con un mercato del lavoro che non espelle continuamente lavoratori ma tende alla piena occupazione, e così via.
La vera "eredità di cittadinanza", da lasciare ai nostri figli, sarebbe dunque quella di riappropriarci della nostra sovranità politica, economica e monetaria. Sarebbe, cioè, quella di uscire dall'Euro e da quel sistema assurdo di vincoli - da Maastricht in poi - di cui la Moneta Unica è il prodotto e il più becero Monetarismo l'ispiratore. Sarebbe il più bel regalo che si possa fare al futuro del nostro Paese. Secondo Qualcuno, addirittura, così l'Italia può farcela.

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