Lucien Chardon, probabilmente per i consigli poco razionali di Mme de Bargeton, riteneva di essere un grande letterato. Scriveva dunque lunghi editoriali, urticanti analitici e controcorrente, ma soprattutto tanto tanto liberisti, come voleva lo spirito del tempo. E li scriveva, per di più. sul giornalino degli intellettuali, prendendosela - ça va sans dire - con tutto ciò che rappresentava il vecchio e il corporativo, a partire dalle aborrite fondazioni bancarie.
L'altro nemico giurato erano le "operazioni di sistema", e la tal banca che sempre le favoriva: l'entrata in Telecom di Telefonica valeva uno stracciarsi di vesti, per non parlare della vicenda Alitalia, con tutti quei posti di lavoro salvati, ma perché mai signora mia?
Rappresentazioni penose del peggior capitalismo italiano.
Però si sa, i giornali altro non sono che bordelli del pensiero, ed i bordelli esistono pure per qualcosa. Ecco allora che Lucien, frequentatore di un Cénacle ma bramante la celebrità, col pretesto di stroncare le rappresentazioni cui assiste, finisce sempre più spesso per blandirne gli interpreti, onde entrare a farne parte, e a pieno titolo.
Per carità, continua a lanciare le proprie stoccate come un Blondet qualunque, ma con un certo garbo da uomo di mondo. Vorrebbe licenziare gli azionisti di questa o quella banca, se la prende con questo o con quell'esponente delle Autorità di Vigilanza, ma insomma ormai si sa ben muovere nel foyer della finanza, e sceglie lui se rimanere con Mme de Bargeton, o gettarsi definitivamente nelle braccia della demi-mondaine Coralie.
Non è più abbandonato, lui. Al massimo, tradisce.
Fa talmente carriera, che le operazioni di sistema inizia a orchestrarle lui stesso. E le intesta con nomi classici, o mitologici, siamo o non siamo letterati? Certo, quando ne parla sembrano tutte crociate a favore del mercato, anzi dei mercati che ancora non ci sono: si sa che in Italia, purtroppo, la finanziarizzazione dell'intera economia ha ancora qualche limite.
Poi, però, a grattare la vernice di questi valenti baluardi contro le locuste estere (si salvano solo se del Grousherzogdem), calate nel Belpaese per spolparne i resti, si scoprono - in fondo in fondo - i soliti salvataggi di istituti falliti (o, piuttosto, fatti fallire), salvataggi peraltro necessari onde evitare fallimenti ancora più gravi, e tanti saluti.
Comportamento sacrosanto. Se tu non lo avessi schifato fino a ieri. Se tu non scegliessi, come compagni di avventura, i tuoi nemici giurati.
Chissà se Lucien si è reso conto di essere stato traviato.
D'altronde, il suo Andoche Finot (o il suo Vautrin?) non è per nulla in fondo alla scala sociale, ma in cima, e da quasi quarant'anni, con quell'aria un po' risorgimentale che gli attribuisce una barbetta forse un po' troppo incolta, per l'età. Lavora molto per il suo Finot, il nostro Lucien, e lavora - ma con minore convinzione, si direbbe (ma tanto, quando non centra il canestro... si sposta il canestro) - anche per altri, che a questo medesimo Finot si rivolgono anche troppo e forse senza un vero motivo.
Un giorno, ne siamo sicuri, anche Lucien si ritroverà mai a un ballo in maschera, faccia a faccia con un qualche Eugène de Rastignac.
Magari, quel giorno, si vedrà come in uno specchio.
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