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mercoledì 8 giugno 2022

I referendum di domenica spiegati facile, dell'avv. Valerio Donato

Ricevo e volentieri pubblico. L'avv. Donato è un operatore del diritto, che conosce le questioni oggetto di referendum per viverle giornalmente sulla loro pelle. Aggiungo anche che concordo con lui sull'opportunità complessiva di questi referendum e sull'inopportunità della separazione delle carriere; aggiungo che, a mio avviso, il referendum sulla custodia cautelare è sacrosanto (Valerio lascia, diciamo, "libertà di coscienza"). Ad ogni modo, e comunque la si pensi, il referendum è sempre un esercizio di vera democrazia partecipativa: come la si pensi la pensi, allora, domenica andiamo a votare. E se non avete le idee chiare leggete attentamente qui sotto.


Il 12 giugno si terrà il cosiddetto Referendum Giustizia, che sarà valido con il raggiungimento del quorum del 50,00% + 1 dei votanti.

I quesiti sono 5 e riguardano:

1 RIFORMA DEL CSM (scheda verde) nel senso di abrogare la necessità della raccolta firme per candidarsi al consiglio superiore della magistratura (che è l’organo di autogoverno dei magistrati);

3 EQUA VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI (scheda grigia) nel senso di permettere anche ai membri non togati dei consigli giudiziari (avvocati e professori universitari) di partecipare alle valutazioni dei magistrati;

4 SEPARAZIONE FUNZIONI DEI MAGISTRATI (scheda gialla);

5 ABROGAZIONE CUSTODIA CAUTELARE PER PERICOLO REITERAZIONE DELITTI DELLA STESSA SPECIE DI QUELLO PER CUI SI PROCEDE (scheda arancione);

6 ABROGAZIONE LEGGE SEVERINO (Scheda rossa) che prevede l’automatico divieto a ricoprire cariche elettive e di governo per i condannati per delitti non colposi.

Occorre subito rilevare come la scelta referendaria per un tema così delicato come la giustizia susciti forti perplessità.

I mali della giustizia italiana sono noti e non derivano tanto dalle norme di legge che si vuole abrogare quanto piuttosto dalla (mala)politica entrata da tempo immemore in una parte della magistratura. In tal senso il quesito 1 (scheda verde) appare sicuramente meritevole di approvazione: votando SI verrebbe abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto al CSM (l’organo che decide della carriera dei magistrati attraverso trasferimenti, promozioni e punizioni), di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico.

Anche il quesito 3 (scheda grigia), seppur delicato perché va a toccare il principio di autogoverno della magistratura, appare meritevole di approvazione.

Da bocciare, viceversa, è il quesito 4 (scheda gialla) che sancirebbe l’impossibilità di passare dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice creando così di fatto due ordini giudiziari distinti con un naturale “incattivimento” delle procure, oggi magistrato dell’accusa nell’interesse della legge e domani attore meno imparziale perché maggiormente legato ai propri risultati (le condanne ottenute).

Il quesito 5 (scheda arancione), teso a limitare la custodia cautelare per il pericolo di reiterazione del reato solo nel caso di gravi reati con uso di armi o violenza personale o di criminalità organizzata o eversivi, merita una scelta secondo coscienza: voterà sì chi ritiene eccessiva la prevenzione prima della condanna e voterà no chi viceversa ritiene necessario fermare l’indiziato di delitto anche in assenza di condanna.

Il quesito 6 (Scheda rossa) non c’entra con la giustizia ma riguarda la democrazia in generale: con la vittoria del SI tornerebbe al popolo il giudizio sui candidati venendo meno l’automatismo secondo cui la condanna penale equivale all’impossibilità di ricoprire cariche elettive. Giova precisare che per i delitti più gravi è già prevista tale incandidabilità derivante dalla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici. Con il sì pertanto sarebbe l’elettore a scegliere se Tizio, condannato in ipotesi per diffamazione, possa rappresentarlo ricoprendo una carica elettiva o di governo.

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